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Piazza Vittorio

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VOTO: 6

Variopinta multietnicità

Piazza Vittorio Emanuele II: una delle piazze più belle di Roma. Una piazza storica, sede del tradizionale mercato coperto, di celebri arene cinematografiche, ritrovo di vecchie e nuove generazioni, in pieno centro e a due passi dalla stazione Termini. Una piazza che, di fatto, è da sempre uno dei punti di riferimento della vita dei romani e che oggi accoglie anche numerose famiglie di immigrati, le sedi di lavoro di molti dei quali si trovano spesso in zona. Più e più volte, tra l’altro, tale piazza è stata oggetto di attenzione anche per quanto riguarda il cinema. Basti pensare che la maggior parte degli esterni dei film nostrani viene girata qui, ad esempio, mentre, spesso e volentieri, è stata essa stessa scelta come protagonista assoluta. Particolarmente degno di nota, a tal proposito, il bel documentario della giovane regista romana Rä Di Martino – The Show Mas Go On, presentato nel 2014 alla 71° Mostra del Cinema di Venezia ed incentrato sugli storici Mas, i Magazzini allo Statuto, appunto – così come Piazza Vittorio, ultima fatica del cineasta italo-statunitense Abel Ferrara, che, dopo aver presentato al 70° Festival di Cannes Alive in France, eccolo giungere, soltanto pochi mesi dopo, al Lido, Fuori Concorso alla 74° Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.
Sulla scia degli attuali dibattiti circa l’immigrazione e la difficoltà a far sì che i nuovi arrivati possano integrarsi nel nostro paese, Ferrara – con la sua piccola troupe e nell’arco di soli pochi giorni – ha realizzato una serie di interviste a clandestini, immigrati, artisti, clochards, politici e storici abitanti del posto, in modo da darci un ritratto completo e fedele di ciò che è oggi piazza Vittorio. Tra i vari interventi ricordiamo, in particolar modo, quello di Matteo Garrone e di Willem Dafoe, i quali, proprio per il fascino della piazza dato dalla sua multietnicità, hanno deciso di trasferircisi.
Il risultato finale è, come ben si può immaginare, un ritratto variegato e pieno di vita, dove l’amore per una città come Roma, in generale, è palpabile fin dai primi minuti. Particolarmente suggestive, a tal proposito, immagini di artisti di strada, di balli, di canti, di persone intente a fare la spesa nello storico mercato coperto, di mamme con neonati, di anziani seduti al parco e di bambini intenti a giocare a pallone. Si potrebbe quasi affermare che basterebbero soltanto tali immagini a fornirci un quadro esaustivo del tutto. Dal canto suo, anche lo stesso Ferrara vuole entrare a far parte del gioco, non esitando ad entrare in campo egli stesso, mentre interagisce con gli intervistati. Ed ecco che il metacinema anche stavolta svolge un ruolo quasi centrale nel dare al tutto quel tocco in più che non guasta mai.
Il problema di un documentario come Piazza Vittorio è, in realtà, proprio il fatto di concentrarsi esclusivamente sulla questione dell’immigrazione, quando, invece, sarebbe stato interessante dar vita ad un lavoro più complesso, che ci permettesse di conoscere anche la storia della piazza stessa e di come sia cambiata la vita nel corso dei decenni, all’interno di essa. A poco, di fatto, servono i brevi filmati di repertorio inseriti. Ciò che però maggiormente disturba è una battuta – risultante fastidiosamente ipocrita e buonista – dello stesso Abel Ferrara, rivolta ad uno dei clandestini al termine di un’intervista: “Anch’io qui in Italia sono un immigrato, sto cercando di vivere con la mia arte”.
Che peccato, quando accadono certe cose. Fino a prova contraria, di fatto, Abel Ferrara il suo lavoro sa farlo eccome. E senza questa cadute di stile avrebbe potuto realizzare indubbiamente qualcosa di davvero, davvero importante. Che dire? Sarà per la prossima volta!

Marina Pavido

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