Se Dio vuole
Su otto film selezionati in concorso alla 33esima edizione del Noir in Festival uno solo porta la firma di una donna. Il suo nome è Sofia Alaoui, regista franco-marocchina la cui opera prima dal titolo Parmi nous (Animalia) è stata scelta dalla direzione artistica per aprire la competizione della kermesse meneghina lo scorso 1 dicembre. La pellicola della cineasta di Casablanca era reduce da un importante tour nel circuito festivaliero internazionale partito dal Sundance 2023, dove si è aggiudicata il Premio speciale della giuria prima di approdare in anteprima italiana sugli schermi milanesi.
Quello della Alaoui si rivela un debutto davvero interessante per un’autrice che non a caso è stata definita da Screen Daily tra le “stelle arabe di domani”. La pellicola infatti mette in mostra il talento e le indubbie capacità di una regista che consigliamo caldamente di tenere d’occhio. Consiglio che ci sentiamo di estendere anche all’attrice protagonista Oumaïma Barid, anch’essa alla sua prima esperienza cinematografica, ma in grado con la sua performance di lasciare il segno con un’interpretazione di grande forza e intensità. La Barid si cala nei panni di Itto, una giovane donna incinta di umili origini, proveniente da ambienti rurali, che si sta lentamente adattando a una vita diversa da quella precedente. Quando alcuni eventi soprannaturali pongono il Paese in uno stato di emergenza, la donna rimane sola, separata dal marito e dalla nuova famiglia. E sarà proprio cercando la via del ritorno, che Itto troverà l’emancipazione.
Quello al quale assistiamo in Parmi nous è dunque un viaggio iniziatico che racconta la ricerca della maturità spirituale insieme all’emancipazione femminile di una giovane, bella, sensibile e fragile sposa incinta di diversi mesi, appartenente a un ceto sociale disprezzato dai freddi suoceri nella cui casa vive, che ogni giorno cerca di ammazzare il tempo nella gabbia dorata di una lussuosa villa isolata mentre gli uomini di famiglia, ossessionati dal denaro, partono per fare affari. Temi questi che nel film restano un punto fermo per l’intera durata, mentre tutt’intorno prende sempre più forma e sostanza dalla fuga in poi un thriller on the road dalle venature fantasy che attinge ai codici di genere e agli stilemi di quest’ultimo per creare un’interessante mix di realismo e fantascienza in ambientazione bucolica. Se al cospetto di certe dinamiche non può non tornare alla mente E venne il giorno di M. Night Shyamalan dando il sentore di una minaccia di estinzione, dall’altra parte quelle in cui vengono prepotentemente a galla le suddette tematiche, rivendicando la centralità nel plot e nel percorso interiore della protagonista, riportano il tutto alla realtà e alla stretta attualità. La bravura delle cineasta marocchina sta proprio nell’essere riuscita, sin dalla fase di scrittura, a mantenere un equilibrio tra gli opposti e a farli coesistere senza che l’uno fagociti l’altro.
Di tanto in tanto si nota qualche giro a vuoto e una leggera puzza di bruciato quando il meccanismo di switch non funziona come dovrebbe, ma la Alaoui con suggestioni (anche sonore), la maturità stilistica e la padronanza del mezzo che dimostra di avere in più di un’occasione (vedi l’efficacissima scena dello sdoppiamento mistico durante la preghiera collettiva nella moschea) riesce a tenere saldamente le redini della situazione e a permettere alla timeline di non incepparsi mai.
Francesco Del Grosso