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Opponent

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VOTO: 7

Prova di forza

Tra l’anteprima mondiale nella sezione “Panorama” della 73esima Berlinale e la recente vittoria della menzione speciale della giuria al 37° MiX Festival Internazionale di Cinema LGBTQ+ e Cultura Queer di Milano, oltre alla partecipazione ad altre prestigiose kermesse come quelle di Seattle e Karlovy Vary, per Opponent c’è stata anche la notizia della designazione da parte della Svezia del film di Milad Alami come candidato alla corsa per il miglior film straniero alla 96esima notte degli Oscar. Sarà infatti l’opera seconda del cineasta iraniano-svedese, prossimamente nelle sale nostrane con Lucky Red, a rappresentare la cinematografia scandinava agli Academy Awards la notte del 10 marzo 2024. I pronostici a riguardo non sono per nulla favorevoli data l’agguerrita concorrenza e i grandi titoli in lizza per la tanto desiderata statuetta, con le possibilità di vedere la pellicola in questione quantomeno nella cinquina che sono ridotte al lumicino. Ciò non toglie però meriti al film, le cui qualità sono emerse durante la visione al festival meneghino.
Partiamo dalle potentissime performance davanti la macchina da presa del cast guidato da Payman Maadi che tutti ricorderanno per la straordinaria interpretazione in Una separazione, con la quale si è aggiudicato l’Orso d’Argento al Festival di Berlino 2011, qui nei panni di un lottatore iraniano di nome Iman costretto a fuggire dal suo Paese con moglie e figlie al seguito dopo che un compagno di squadra ha messo in giro delle voci non meglio specificate sul suo conto. Questo cambiamento drastico ma inevitabile li porta in un centro per rifugiati in quel di Boden nel nord della Svezia (terra tra l’altro che ha accolto a suo tempo il regista), sospesi nel limbo della burocrazia nell’attesa della decisione sulla loro richiesta d’asilo. Quando la moglie confessa al marito di aspettare un figlio, Iman si rende conto di dover fare qualcosa e così decide di iscriversi in una vicina palestra di lotta libera. Qui spera di poter dimostrare le sue qualità di lottatore ed entrare a far parte della squadra olimpica svedese, in modo da avere un aiuto con la richiesta d’asilo. Durante gli allenamenti conosce Thomas che, con i suoi modi di fare e la sua apertura, gli farà mettere in discussione se stesso e le sue scelte di vita e gli farà capire che a volte il vero avversario è in noi stessi. L’interpretazione intensa, fisica e ricca di sfumature di Maadi, che riesce a restituire ed esplorare il mondo del personaggio principale, rappresenta di fatto, alla pari di quelle di bravissimi comprimari del calibro di Marall Nasiri e Ardalan Esmaili, rispettivamente nei panni della moglie di Iman e di un traduttore, uno dei valori aggiunti della seconda fatica dietro la macchina da presa di Alami.
Dopo The Charmer (passato in concorso al Bif&St 2018), il regista torna a raccontare una storia di immigrati, dei problemi che devono affrontare per integrarsi nella nuova terra di appartenenza e di quanto si è disposti a cambiare per rimanere legati a ciò che si è davvero. Lo fa con un film dalle venature e dall’estetica noir in cui il corpo è ancora una volta centrale. Le due pellicole, infatti, hanno come protagonisti degli uomini che “usano” il proprio corpo: nel primo per sesso, nel secondo per lo sport, ma in entrambi i casi per combattere e sopravvivere nella vita di tutti i giorni. Un elemento, questo, che diventa il motore portante di un discorso che si apre a macchia d’olio ad argomentazioni più ampie, allargando ulteriormente gli orizzonti drammaturgici del racconto. Opponent in tal senso ci porta nel mondo del wrestling, una disciplina con molti stereotipi maschili che il regista prova ad abbattere, e al contempo porta sullo schermo la condizione dei rifugiati nel Vecchio Continente con una storia che ruota attorno alla libertà e alla ricerca di un futuro migliore. Il risultato è un’opera che mescola senza soluzione di continuità sport-drama e dramma sociale, creando un giusto equilibrio tra le due fonti.

Francesco Del Grosso

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