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Ofelia

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VOTO: 8.5

A futura memoria

Ofelia, la protagonista del cortometraggio omonimo scritto e diretto da suo nipote Pierfrancesco Bigazzi, ha 92 anni, o meglio li aveva prima che si spegnesse a poche ore dalla cerimonia di premiazione del Pop Corn – Festival del Corto, laddove l’ultima fatica sulla breve distanza del regista di Figline Valdarno, dopo l’anteprima mondiale al Torino Film Festival, ha conquistato il premio per il miglior film della sezione “Corti d’Autore” e quello del pubblico. Lo ha fatto da outsider e in punta di piedi, scalzando dal podio pellicole più quotate e produttivamente più strutturate grazie alla sua disarmante semplicità e alla capacità di scaldare e suonare le corde del cuore del fruitore di turno. Ed è quanto accaduto durante e dopo l’emozionante e sentita proiezione alla quinta edizione della kermesse toscana.
Sull’esistenza terrena di Ofelia sono dunque calati i titoli di coda, ma il fatto che suo nipote sia riuscito a catturare e a imprimere per sempre negli ultimi mesi che il destino le aveva concesso un suo ritratto, ne consegna il ricordo a futura memoria. E se prima Ofelia era una “polaroid” scattata per catturarne il presente, ora quello stesso corto si carica sulle spalle la responsabilità di conservarne il ricordo, per consegnarlo al per sempre. Perché dopotutto la Settima Arte ha proprio il compito di imprimere in maniera indelebile la memoria di qualcosa o qualcuno, donandola all’eternità.
Ma riavvolgiamo le lancette dell’orologio per tornare a quando l’anziana donna faceva i conti con i ricordi ormai confusi di una vita che sempre più velocemente andavano svanendo. Bigazzi sceglie di realizzare un piccolo film proprio con lo scopo di frenare quell’azione inarrestabile e inesorabile di logorio del tempo, per documentare il presente e riscoprire il passato attraverso le parole di sua nonna e le immagini di vecchi Super8 recuperati dalla cantina. Vivendo con lei, il regista ha potuto scrivere in presa diretta il corto, giocando e interagendo con tutte le situazioni, ma soprattutto con lei, facendola “recitare” nel vero senso della parola.
Il risultato è un racconto intimo e personale, ma che toccando tematiche universali e affrontando dinamiche comuni a moltissimi è in grado di arrivare a tutti. Ed è proprio questa facilità di abbattere le difese e di comunicare con il pubblico, coinvolgendolo ed emozionandolo, ad essere il cuore pulsante del racconto di Ofelia. Un racconto che riesce in pochi minuti a far riflettere in maniera profonda sulla parte finale del cammino della vita, unendo sotto un unico delicato filo conduttore carico di emozioni i semplici gesti quotidiani della protagonista, i suoi sguardi stanchi ma intensi e alcuni brevi dialoghi ricchi di significato. L’autore li fa suoi, li mescola senza soluzione di continuità con materiali d’archivio privati che convergono in una scena notturna dove il presente e il passato s’incontrano, dove la presenza torna a colmare l’assenza dei ricordi. Il tutto fa di questa piccola perla grezza una potente riflessione sul tempo, sulla memoria, sul passato e sulla caducità.

Francesco Del Grosso

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