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U figghiu

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VOTO: 8

La pietra dello scandalo

Il successo di pubblico e critica, coronato dalla vittoria del Premio “Teatro del Sacro” nel 2019, ottenuto dallo spettacolo U figghiu di Saverio Tavano ha spinto lo stesso regista e autore a passare dietro la macchina da presa per farne un adattamento cinematografico. Il formato scelto per trasferire il tutto è quello breve del cortometraggio, con i 15’ a disposizione che ospitano una sintesi della storia, i personaggi principali che lo animano e le tematiche centrali su e intorno al quale ruota il racconto.
Per chi non avesse avuto modo di assistere dal vivo allo spettacolo, lo short omonimo, fresco vincitore del premio per le opere prime alla quinta edizione del Pop Corn – Festival del Corto, ci trasporta nel giorno di Pasqua, in un piccolo paese del Sud Italia dove viene rubata la corona di spine dalla statua di Cristo. A trafugarla è stato Saro, il figlio schizofrenico di Nino e Concetta, convinto di essere la reincarnazione divina. Il gioco tra realtà e follia, tra quotidianità e ritualità, si intreccia nel rapporto familiare dei tre protagonisti. Questi, rispetto alla matrice originale, vedono Fabrizio Ferracane raccogliere il testimone dal collega Fabrizio Pugliese nel panni del padre, mentre Annamaria De Luca e Francesco Gallelli hanno mantenuto i rispettivi ruoli della madre e del figlio. Un cambio nel cast che aggiunge ancora più qualità alla già potentissima ed efficace performance corale offerta in teatro dal terzetto titolare. Performance che in entrambe le versione rappresenta un valore aggiunto.
Il regista di teatro, drammaturgo e sceneggiatore messinese, sceglie la Calabria, laddove vive e lavora da qualche anno, affidandosi a validissime maestranze locali, per trasformare in immagini, suoni e parole il nativo testo teatrale. Tavano non si limita a dare forma e sostanza audiovisiva alla pièce della quale lui stesso è autore, trasferendola dalle tavole del palcoscenico allo schermo, ma fa di U figghiu una produzione breve a se stante, con una sua autonomia artistica e creativa che rispetta lo spirito e le fondamenta narrative e drammaturgiche della matrice. Il corto mescola la tradizione popolare e religiosa a miti e credenze locali, allargando poi i suoi orizzonti al tema dei legami biologici e alla diversità. Partendo dal furto di una corona di spine dalla statua del Cristo che deve essere portata in processione nel giorno di Pasqua, l’autore entra delicatamente nel difficile equilibrio di un rapporto familiare. Ne mostra attraverso un fitto e intenso conflitto verbale tanto le crepe quanto il bisogno di vicinanza e affetto. Il tutto minato dal dolore dato dall’ipocrisia e dal giudizio della gente del paese, combattuto con ostinazione, coraggio sostiene e un’accettazione che solo una madre può avere nei confronti di un figlio che soffre di una malattia mentale. Solo lei riconosce la purezza del figlio e solo il figlio riconosce il richiamo della madre, con un legame indissolubile che riporterà la quiete dopo la tempesta.
U figghiu ha, volendo prendere in prestito le parole espresse dai giurati della kermesse toscana che lo ha premiato, “un linguaggio fortemente carico di simboli ed allegorie, ancorché desueto e non sempre immediato, una piccola storia che, a partire dal tema del rifiuto della marginalità e della diversità, corteggia anche elementi di fede, religione e materialismo”. Parole, queste, che condividiamo pienamente e che mettono a fuoco quali siano gli elementi chiave di un film che lascia il segno, spingendo lo spettatore a riflettere su temi universali e condizioni sempre attuali con i quali non si può non fare i conti.

Francesco Del Grosso

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