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Nosferatu

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VOTO: 7.5

Istinti primari

Al pari di un Icaro contemporaneo, il buon Robert Eggers continua ad alzare l’asticella del proprio Cinema, per la sadica soddisfazione di critici e detrattori ben desiderosi, come accade di questi tempi infausti, di impallinarlo senza pietà. Mentre un minimo di serenità nel giudizio sarebbe quanto meno opportuna.
Avrebbe potuto dare un altro titolo al suo film, Eggers. Tipo L’ombra dei Carpazi oppure qualcosa del genere. Al contrario voleva realizzare proprio un Nosferatu, perfettamente consapevole di correre per un terzo posto, dopo le inavvicinabili opere dirette da Friedrich Wilhelm Murnau nel 1922 e Werner Herzog nel 1979. Invece, dopo lunga attesa da “film della carriera”, ecco Nosferatu nudo e crudo. Con chiara esplicitazione della componente sessuale presente in una trama ampiamente risaputa ma non per questa scontata, dove la messa in scena compensa di gran lunga i momenti di vuoto narrativo comunque presenti in un’opera di oltre due ore. Sotto questa chiave di lettura Nosferatu appare come il controcanto di The VVitch (2015), sorprendente opera prima di Eggers. In quel film rivelatore la sessualità della giovane protagonista si liberava in un catartico sabba stregonesco. In Nosferatu il sesso è invece una prigione mentale di tipo ossessivo, sia per il personaggio femminile che per il villain, le cui catene si possono spezzare solamente con la morte. E proprio mortuario potrebbe essere l’ipotetico aggettivo utile a descrivere questo Nosferatu, un viaggio ai confini (ed oltre) dell’abisso. Nessuna traccia di amore o tenerezza tra donna in sboccio e vampiro, tanto meno erotismo romantico. Qualsiasi comportamento o gestualità non può che portare ad una fine priva di reversibilità. Chi di bestialità ferisce, con tutto ciò che segue…
Ecco allora che la modernità insita tra le righe di questo Nosferatu non compare nella forma del lungometraggio di Eggers, decisamente filologico. Piuttosto nella descrizione interiore di un’umanità priva di speranza, dove anche l’amore – giovanile e ancora puro tra Ellen e Thomas Hutter, freschi sposi – è destinato a soccombere di fronte all’istinto animale che muove le azioni del mostro. Il quale, come da canovaccio, porta con sé morte e distruzione (la peste) ad ogni spostamento. Indispensabile allora un sacrificio a carattere “cristologico”, che puntualmente avverrà. Al fine di salvare la suddetta umanità, ormai smarrita poiché privata dal senso di appartenenza, causa un Male difficilmente controllabile e molto contagioso, in tutti i sensi possibili ed immaginabili.
Come si sarà compreso dalla lettura di queste righe il Nosferatu 2.2 non solo tiene fede alle proprie ambizioni ma resta un’opera di notevole peso sotto qualsiasi comparto la si esamini. In quello attoriale Lily-Rose Depp stupisce per aderenza ad una parte complessa e stratificata; gli altri fanno da degno corollario. Ineccepibili le componenti tecniche. Per un’escursione nell’orrore ben lontana dall’essere solo epidermica.
Nosferatu sbanda in maniera piuttosto evidente solamente quando cerca la contaminazione con l’horror contemporaneo, provando ad accontentare un pubblico più giovane. Vedere ad esempio la macro sequenza a carattere “esorcistico” abbastanza incongrua nel contesto nonché decisamente superflua. Piccole insicurezze che non inficiano il risultato finale: Nosferatu è un film a tutto tondo che permane nella memoria grazie ad un pessimismo al quale non eravamo più abituati, sepolti dalla consueta, insapore, melassa quotidiana.

Daniele De Angelis

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