Tra Storia e Mito
Non c’è figura religiosa che non sia stata oggetto di attenzioni da parte della Settima Arte o della televisione, che nei decenni hanno portato sul grande e piccolo schermo le storie di Santi e in procinto di diventare tali, Papi e preti di quartiere, credenti e miracolati, passando per la sterminata galleria di personaggi biblici. Il risultato è una lista infinita di lungometraggi, documentari e prodotti seriali realizzati alle diverse latitudini, che si sono andati a iscrivere in un vero e proprio filone. Tra gli ultimi ad entrare a fare parte di questa galleria di ritratti c’è San Nicola, al quale il Antonio Palumbo ha deciso di dedicare un documentario, che ha iniziato il suo percorso alla 22esima edizione del Festival del Cinema Europeo con l’anteprima mondiale in quel di Lecce che ha anticipato l’uscita nelle sale dal 5 dicembre.
Quello firmato dall’attore e cineasta barese non è però una biografia classica come quelle che il cinema e la televisione ci hanno consegnato nei decenni passati, ma un tour a tappa all’insegna di un realismo magico che fa da spartiacque tra storia e mito. A compiere questo tour è Antonio, un regista a corto di idee, che un giorno ha una visione del santo patrono della sua città, San Nicola, che gli chiede di girare un film sulla sua vera storia. Così Antonio si avventura sulle orme del mito attraversando tutti i Paesi in cui il santo è venerato: Turchia, Belgio, Olanda, Francia, Russia, fino agli Stati Uniti, dove è meglio conosciuto come Santa Claus, cioè Babbo Natale. Un viaggio in mezzo a un crogiolo di culture e tradizioni popolari, con tutte le loro contraddizioni, un percorso tra colori e rigore religioso mescolati assieme dando vita a una figura sacra che è, al tempo stesso, un modello consumistico.
Insomma è il regista stesso a metterci la faccia e nel senso letterale del termine, lanciato come la biglia impazzita di un flipper alle diverse latitudini, dando forma e sostanza a un crossover di culture che è stato la “casa” di un uomo e continua ad essere quella di un santo, un mito e un simbolo: dalla contemplazione ortodossa, ai chiassosi vicoli di Bari Vecchia, la regione francese della Lorena, le Fiandre, attraverso l’algida Olanda e le luci statunitensi. In tal senso, mai titolo fu così azzeccato con Nicola – Cozze, Kebab & Coca Cola che riassume alla perfezione questo meltin pot e con esso le contraddizioni, i colori, le tradizioni scritte e quelle tramandate, i culti religiosi o folcloristici, le verità e le sue interpretazioni.
Il risultato si muove lungo queste traiettorie realistiche e immaginifiche, che si intrecciano tra serio e faceto senza soluzione di continuità. Un intreccio che si consuma tra incontri programmati (interviste a volti noti del piccolo e grande schermo, personalità del mondo della cultura, della politica e della religione, studiosi e gente comune), causali e fantastici. Il ché lascia intendere e un lavoro di documentazione e ricerca molto accurato, ma soprattutto di scrittura e riscrittura a tavolino che ha fatto in modo che tutti gli elementi chiamati in causa, narrativi e drammaturgici, riuscissero a coesistere.Un lavoro, questo, che dall’ideazione al final cut è durato dieci lunghi anni, nei quali lo script è stato sottoposto a continue revisioni che lo hanno portato alla forma attuale.
Di conseguenza Nicola – Cozze, Kebab & Coca Cola si presenta come una docu-fiction in odore di mockumentary che in un mosaico audiovisivo mette insieme tasselli di finzione con altrettanti di pura osservazione e documentazione, ai quali si vanno a innestare materiali di repertorio. Ne viene fuori una storia on the road divertente, godibile e fuori dagli schemi che, oltre a intrattenere e raccontare, ci porta alla scoperta e alle radici di un’esistenza il cui nome è scolpito a caratteri cubitali nella mente di persone di tutto il mondo.
Francesco Del Grosso