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Nevrland

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VOTO: 7

La paura si avvicina

Conosciuto per essere il co-fondatore del Porn Film Festival di Vienna, Gregor Schmidinger è anche un filmmaker di indubbio talento, con alle spalle una serie di cortometraggi molto apprezzati nel circuito festivaliero internazionale. All’appello mancava dunque solo il battesimo sulla lunga distanza, arrivato nel 2019 con Nevrland, presentato recentemente nel concorso della 33esima edizione del Festival Mix Milano.
L’opera prima del regista austriaco riflette in tutto e per tutto i temi e gli stilemi chiave e ricorrenti nel suo modo di fare e concepire la Settima Arte. Un cinema, il suo, aggressivo nel narrare quanto nel mostrare, che non ha paura di destabilizzare lo spettatore. In Nevrland ci catapulta al seguito del diciassettenne Jakob, di giorno ragazzo timido che lavora in un impianto di lavorazione di carne di maiale, mentre di notte è ossessionato dall’uso della webcam e assiduo frequentatore di siti hard. Tutto procede regolarmente nella sua vita fino a quando online conosce Kristjan, un ventiseienne dall’apparenza perfetta, che gli farà sfuggire la situazione di mano. Incontrandosi realmente, vivranno un’intensa notte che porterà Jakob a confrontarsi con la sua più grande paura. Il protagonista è infatti una delle tante vittime del disturbo d’ansia, che si materializzerà ben presto come il vero nemico della sua crescita interiore.
A una prima lettura è automatico pensare al romanzo di formazione con argomentazioni annesse (conflitto generazionale e familiare, ricerca dell’identità e scoperta della sessualità), al quale Schmidinger ha provato a dare una lettura personale. Per farlo ha scelto di mescolare senza soluzione di continuità generi (dramma, horror e mistery) e piani come sogno, incubo e realtà. Il tutto per mettere il personaggio principale – e di riflesso lo spettatore di turno – a confronto con fobie e desideri nascosti. Ovviamente non è la prima e non sarà di certo l’ultima volta che il pubblico si trova al cospetto di un simile mix, per cui non è nella scrittura che si devono andare a rintracciare i punti forti del film. Il regista austriaco sovrappone i piani per stratificare e rompere la linearità del racconto, ma non sempre lo switch genera i frutti sperati, con un caos sistematico che costringe lo spettatore a mantenere gli occhi sempre piantati sulla bussola per non perdersi nella ragnatela tessuta tra dimensione onirica e realtà. Dimensioni, queste, che entrano più o meno con efficacia in cortocircuito quando Jakob si trova immerso in incubi ad occhi aperti oppure durante le sedute dallo psicoterapeuta.
A conti fatti, però, Nevrland è una di quelle opere che lascia il segno nella retina del fruitore grazie al forte impatto visivo delle immagine che Schmidinger ha concepito. L’incipit che mostra la corsa sfrenata nel bosco con successivo tuffo dalla scogliera da parte del protagonista è un antipasto significativo della successione di scene degne di nota presenti sulla timeline, con gli ultimi venti minuti di trip psichedelico che rappresentano una vera e propria overdose. Si potrebbe pensare a uno sfoggio di estetismi fine a se stesso, come è stato ad esempio per Mandy di Panos Cosmatos, ma a conti fatti la regia nel suo insieme denota una padronanza del linguaggio e della punteggiatura, esaltata da un montaggio che ne asseconda il desiderio irrefrenabile di contemporaneità e schizofrenia.

Francesco Del Grosso

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