Sulle note di Rachmaninov
Hanno spesso esercitato un forte fascino sul pubblico di tutte le età, le storie di giovani talenti che, al fine di realizzare i propri sogni, sono costretti a superare numerosi ostacoli e incredibili difficoltà. A ben vedere, è questa una formula che rispecchia appieno la Morfologia della Fiaba di Vladimir Propp: il viaggio dell’Eroe costretto ad affrontare innumerevoli prove prima di giungere all’obiettivo finale. Se poi tale struttura riguarda protagonisti provenienti da un contesto disagevole e che sognano di “sfondare” in ambiti artistici o sportivi, ecco che il tutto sembra magicamente assumere un valore aggiunto. Parimente a un forte appeal, tuttavia, vi è anche, in occasioni del genere, un alto, altissimo rischio di retorica, con tanto di possibili finali tanto prevedibili quanto irrimediabilmente stucchevoli. Non arriva a questi livelli, ma si limita a “sfiorarli” il lungometraggio Nelle tue mani, terzo lavoro da regista per Ludovic Bernard, storico aiuto di cineasti come Luc Besson e Guillaume Canet. Anche il presente lavoro, dunque, rispecchia appieno ciò che è stato illustrato poc’anzi.
Il protagonista della pellicola è il giovane Mathieu (Jules Benchetrit), nato da una famiglia poco abbiente della periferia parigina, ma con un grandissimo talento per il pianoforte, che ha imparato a suonare grazie a un vicino di casa. Il ragazzo, dedito a rapine all’interno di case lussuose insieme ai due migliori amici, viene un giorno scoperto e arrestato. Al fine di evitare il carcere, il ragazzo dovrà dedicarsi ai lavori socialmente utili, facendo le pulizie all’interno di un conservatorio. Sarà qui che uno degli insegnanti (Lambert Wilson) avrà modo di accorgersi del suo talento, proponendogli delle lezioni gratuite insieme a una delle migliori insegnanti del conservatorio (Kristin Scott Thomas), al fine di prepararsi per un importante concorso internazionale.
In poche parole, un lungometraggio tendenzialmente classico, come molti se ne sono visti negli anni scorsi, da Flashdance (1983) a Billy Elliot (2000), fino al più recente Whiplash, che nel 2014 ha rivelato al mondo intero il talento di Damien Chazelle. Se paragonato ai sopracitati lavori, però, questo Nelle tue mani risulta complessivamente più debole, con minor mordente e, addirittura, ricco di snodi narrativi pretestuosi ma poco efficaci, oltre che fortemente prevedibili. Se, infatti, da un lato ci troviamo di fronte a una storia di grande interesse e a un cast sul quale si può dire che si regge l’intero lavoro, dall’altro mancano momenti di forte impatto emotivo che indaghino a dovere – al di là dei didascalici flashback mostratici – l’animo del protagonista stesso, fatta eccezione per la riuscita (a metà) scena del concorso, in cui vediamo il giovane Mathieu esibirsi suonando un difficile brano di Rachmaninov (proprio come nel 1996 accadeva in Shine di Scott Hicks). Momento di forte impatto, questo, il quale, però, perde molto a causa di un montaggio alternato che, contemporaneamente, ci mostra (anche qui con scene posticce ed eccessivamente didascaliche) la madre del ragazzo in ospedale, in attesa degli esiti dell’operazione a cui si era sottoposto il figlio minore.
Un film, dunque, che nulla toglie e nulla aggiunge a quanto realizzato in passato e che, proprio per questo suo voler strappare lacrime facili senza, però, indagare a fondo ciò che viene messo in scena, finisce inevitabilmente per sollevare una lecita domanda: per quanto tempo ancora, dopo la sua visione, ci si ricorderà del presente lungometraggio?
Marina Pavido