Vivere e morire in trincea
Al Figari Film Fest, dove il livello mediamente alto delle produzioni internazionali aveva comunque generato, nelle passate edizioni, un salto qualitativo della manifestazione cinematografica sarda, erano stati spesso i corti spagnoli, britannici e americani a fare la parte del leone.
Quest’anno è stata invece la Francia, forte anche della presenza di una piccola e agguerrita delegazione (comprendente attori, registi e produttori) che si è fatta presto benvolere dagli altri ospiti, a recitare un ruolo di primo piano. Sintesi ideale dell’ottimo livello dei cortometraggi francesi è il premio conferito a Nameless, diretto per l’appunto dal francese Jean Decrè, che la giuria ha voluto segnalare come MIGLIOR FILM STRANIERO “per l’intelligenza della messa in scena a fronte di un tema bellico, normalmente costoso e complesso dal punto di vista produttivo, nel centenario della grande guerra.”
Da parte nostra non vorremmo essere vittime di un falso ricordo, considerando che il breve summit con gli altri addetti ai lavori è stato deliziato dalla rinfrancante apparizione di un buon vino bianco, su cui anche (e soprattutto) il reporter di CineClandestino si è fiondato rapacemente, ma ci sembra di aver focalizzato in appena 4000 Euro il costo del vibrante, tesissimo lavoro di Jean Decrè. Un po’ come dire: il senso della Prima Guerra Mondiale, di quelle allucinanti esperienze umane che spingevano i protagonisti a decidere della propria e delle altrui vite in pochi interminabili attimi, la cui estensione poteva essere determinata dal sibilo della granata in arrivo come dalla fase finale di un corpo a corpo, racchiuso per intero nel microcosmo totalizzante della trincea; laddove il film-maker transalpino ha saputo trasfigurare l’essenza di questo sinistro non-luogo scavato nel fango, concentrando nel realismo della messa in scena, nell’abile gestione degli stacchi di montaggio, in un sonoro oltremodo espressivo e nella scarna interazione tra gli esseri umani catapultati in quell’inferno, il senso più profondo della narrazione.
Dice bene, quindi, il collega Claudio Casazza, quando all’inizio del reportage di Rapporto Confidenziale sul festival svoltosi a Golfo Aranci definisce, esattamente in questi termini, il lavoro di Decrè: corto francese senza dialoghi che racconta una storia di guerra all’interno di una trincea, grandissimo lavoro su audio e messa in scena che riesce a restituire atmosfere realistiche per nulla facili in un genere difficile come quello bellico.
Ecco, specialmente se si parla di cinema breve, l’archetipo dei fanti della Prima Guerra Mondiale portati al confronto nella dimensione alterata delle trincee è stato rappresentato più volte, con esiti talvolta retorici e in altri casi realmente efficaci, brillanti. Nameless appartiene senz’altro al filone delle opere in cui tanto la vocazione umanistica che la potenza della resa visiva, riscontrabili in soggetti del genere, sono state espresse con un impatto maggiore, specie se rapportato all’esiguità delle risorse su cui la produzione poteva contare.
Stefano Coccia