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Good Guys go to Heaven

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VOTO: 7

Il Paradiso può attendere… in spiaggia

Le incognite del post mortem, l’attesa del giudizio divino, il ricordo lasciato nei vivi, la stessa transizione dalla vita alla morte nella sua componente sia fisica che spirituale sono elementi, potenzialmente ansiogeni, che la settima arte ha saputo esorcizzare anche attraverso la commedia. E la filmografia di Frank Capra in tal senso è una risorsa preziosa.
Per quanto l’autore di Good Guys go to Heaven (Băieții buni ajung în Rai, 2023), il rumeno Radu Potcoavă, nel corso del Q&A con il pubblico avvenuto al Bergamo Film Meeting 2024 (dove il lungometraggio è presente in concorso) subito dopo la proiezione, abbia citato tra i personali cult movies che lo hanno ispirato il sulfureo Angel Heart – Ascensore per l’inferno (1987) di Alan Parker, da parte nostra il pensiero è corso immediatamente ad After Life (Wandāfuru raifu, 1998) del Maestro nipponico Kore’eda Hirokazu. Magari con modalità non altrettanto immaginifiche nella messa in scena e una meno delicata introspezione psicologica, rispetto al così armonico modello. Simili però sono quei toni eterei con cui si affresca la singolare condizione del protagonista dopo il decesso, tra il rimpianto d’aver abbandonato all’improvviso i propri cari e una legittima curiosità, mitigata dalla cordialità degli angelici intermediari di turno, per cosa prospettano realmente l’eternità e l’Aldilà.

Almeno nella sequenza d’apertura Good Guys go to Heaven pare seguire il leitmotiv di tanto cinema rumeno contemporaneo: un lungo camera car, con tanto di estenuante lite coniugale al telefono, interrotto però senza troppi complimenti dal fatale incidente che tronca l’esistenza terrena del protagonista, Dan (l’ottimo Bogan Dumitrache già visto all’opera sui set di autori importanti, da Corneliu Porumboiu a Călin Peter Netzer passando per Cristi Puiu), i cui sardonici commenti post mortem ci accompagneranno nella nuova realtà. Il suo distacco dalle spoglie mortali avviene proprio durante il funerale, che ci introduce peraltro ai peculiari rituali della Chiesa Ortodossa. Pare infatti che secondo tale tradizione l’anima debba poi attendere 40 giorni, prima di essere convocata per il giudizio di Dio…
Con discreta sensibilità e buone dosi di humour il regista Radu Potcoavă, che già in taluni cortometraggi aveva mostrato una personale inclinazione per l’ambito metafisico, si è divertito a immaginare – partendo proprio dalle tradizioni funerarie ortodosse – questa lunga attesa come una permanenza in spiaggia, con a disposizione una sorta di “angelo custode” (che gli ha fatto prima anche da autista), una roulotte ben accessoriata, un minibar fornito anche di bevande alcoliche e addirittura un tablet, attraverso il quale osservare i propri amici e famigliari nel periodo di lutto!
Il fatto che come “spirito” possa avere occasionalmente la possibilità di interagire con loro è forse l’elemento meno persuasivo del plot, giacché gli ectoplasmatici incontri con moglie, figlia e migliori amici risultano alla lunga un po’ sterili, fiacchi. Molto più interessante appare la vita in quel provvisorio Aldilà. Anche perché a Dan viene concesso pure di ricevere visite da parte dei genitori, deceduti già da parecchio e ormai inseriti nel piano celeste, come pure da un suo amore giovanile, quella ex compagna di scuola che essendo scomparsa da poco sta affrontando il suo stesso “rito di passaggio”. Per giungere infine a un surreale, paradossale incontro con Dio, che tramite l’indovinello finale rivolto al protagonista (e con l’angelico suggerimento generosamente donato al protagonista dalla donna amata) rappresenta probabilmente la catarsi più efficace e confortante del film, sempre in bilico tra momenti ilari e tenue malinconia.

Stefano Coccia

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