Una mano non vale l’altra
Lucas e Gilda, fratelli sulla soglia dei vent’anni, abbandonano la città per realizzare le ultime volontà della madre: disperdere i suoi resti nelle profondità dell’oceano. Tutto quello che rimane di lei, si rivela essere una protesi. A causa di uno sciopero nazionale degli autobus, finiscono per rimanere intrappolati all’interno di un villaggio costiero e di una casa, silenziosa e abbandonata, testimone degli ultimi giorni di vita della loro madre. La quiete dei ritmi del luogo e la snervante attesa della partenza diventano occasione per lasciarsi travolgere dalle proprie ossessioni: quelle di lui, ancora incerto nell’esplorazione della sua sessualità, e quelle di lei, enigmatica sorella maggiore segnata dal recente passato in un rehab e dall’utopia di una metamorfosi, felicemente tormentata da un fidanzato tanto onnipresente nei suoi discorsi quanto inafferrabile. Ma è proprio lontano dal loro quotidiano che i due riusciranno a ritrovarsi e ricomporre, finalmente insieme, i pezzi del puzzle che compongono le loro adolescenze travagliate.
C’è tutto, ma proprio tutto, del romanzo di formazione nel DNA di Los miembros de la familia, l’opera seconda di Mateo Bendesky. La pellicola del regista argentino, presentata in concorso alla 33esima edizione del Festival Mix Milano a distanza di qualche mese dall’anteprima mondiale alla Berlinale 2019, è un ritratto inquieto di una gioventù in preda alle proprie ombre e agli altrui fantasmi che porta sullo schermo, oltre ai temi chiave e secondari, anche gli elementi tipici e imprescindibile del filone in questione. Di conseguenza allo spettatore non resta che entrare nella vita dei protagonisti di turno, per osservarli più o meno da vicino dalla finestra spazio-temporale che l’autore ha spalancato per noi. Difficili non entrare in empatia con loro perché disegnati con semplicità per permettere al fruitore di instaurare un filo emotivo diretto. Pur se classici nella caratterizzazione e sistematici nell’evoluzione della rispettiva one line, i personaggi di Lucas e Gilda, qui interpretati con le giuste sfumature e gradazioni da Tomás Wicz e Laila Maltz, rappresentano il lasciapassare corretto per mettere in scena il mix di tormenti, estasi e desideri irrisolti del quale lo script prima e la sua trasposizione poi si sono fatti portatori sani. Segreti e non detti vengono inevitabilmente e per forza di cose a galla al cospetto del mare d’inverno e lo fanno ora che il nido domestico ha perso un altro affetto, quello della madre. Il viaggio di fratelli per esaudire le ultime volontà di un genitore, che finisce per ricucire distanze, è ormai un must e per molte storie analoghe a quella firmata da Bendesky rappresenta una chiave di volta necessaria, ma al contempo scontata.
Los miembros de la familia non lascia negli occhi segni indelebili al suo passaggio, ma ha il merito di parlare alla platea di un tema, il lutto e il suo delicato percorso di elaborazione, con una leggerezza mai superficiale. Semmai a fare storcere un po’ il naso sono le piccole e superflue parentesi oniriche e surreali instillate qua e là nella timeline (vedi il buco nella spiaggia), ma per fortuna sono rare e da considerarsi alla pari di quei peccati di gola che si possono perdonare.
Francesco Del Grosso