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Hanna’s Homecoming

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VOTO: 5.5

Paludi da bonificare

In questo mondo che pare proprio ormai una palude
Gianni Morandi, “Varietà”

Paludi per niente salubri che circondano una cittadina tedesca dalla mentalità chiusa. Paludi che furono anche teatro di uno spaventoso fatto di cronaca, con la morte di una giovane donna accusata a sua volta di stregoneria, vista la contemporanea e drammatica scomparsa di tre compaesani. Ma poi, nel rituale passaggio dal macrocosmo al microcosmo, vi è quella riduzione di scala che porta verso altri terreni acquitrinosi, malsani, ovvero quelli di una giovane mente particolarmente provata dalla vicenda…
Ed è questa la mente di Hanna (Valerie Stoll), figlia della supposta strega a suo tempo allontanata dal padre per evitarle traumi peggiori e poi tornata sul “luogo del delitto”, durante le vacanze estive, per lavorare nella macelleria di famiglia e riprendere confidenza col paesello nativo, a qualche anno di distanza dal fattaccio; sicché non bisognerà attendere molto, prima di vederla catapultata in un fitto reticolato di sospetti, diffidenza congenita, malelingue e grevi provocazioni da parte dei giovani del villaggio. Troverà conforto solo nell’amicizia con la misteriosa Eva (Milena Tscharntke), un’avvenente ragazza che pare comparsa dal nulla e che sembrerebbe celare a sua volta qualche segreto. Ma nel frattempo la situazione è degenerata, in un susseguirsi di orribili incidenti, sparizioni ed episodi ugualmente incresciosi, che la fantasia popolare farà presto ad associare alla maledizione del posto e all’eredità della strega.

Presentato nella selezione ufficiale del 39° Fantafestival, il film di Esther Bialas mostra inizialmente una notevole efficacia, allorché ci si sforza di legare i turbamenti dei personaggi (e in particolare di Hanna) all’aspetto sinistro dei luoghi, al senso di stagnazione che ne deriva, nonché al putridume rimasto incollato ai pensieri degli “autoctoni”. Anche a livello di immagini il torbido delle acque stagnanti finisce per mescolarsi col torbido delle situazioni ivi descritte. L’intento che emerge strada facendo, però, consiste nel disseminare la narrazione di suggestioni esoteriche, di accadimenti inspiegabili, di richiami a forze estranee all’ordine naturale, per poi ripiegare su elementi maggiormente introspettivi, psicologici.
Intento lodevole, da un certo punto di vista, ma espresso attraverso continui strappi del tessuto narrativo e spiegazioni raffazzonate, poco convincenti, che fanno di Hanna’s Homecoming un tentativo senz’altro riuscito sul piano del mood soffocante e dei lugubri cortocircuiti ambientali, ma alquanto contorto e sbrigativo allorché si cerca di sostanziare le molteplici tensioni sotterranee, i cui esiti sullo schermo risultano talvolta fiacchi, banali, confusi.

Stefano Coccia

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