Home AltroCinema Documentari Lorello e Brunello

Lorello e Brunello

106
0
VOTO: 7.5

QUADRI di vita agreste

Sensazioni particolari hanno accompagnato la visione di Lorello e Brunello durante i Parlamenti di Aprile, che si stanno svolgendo in questi giorni a Ravenna. Di certo ha influito la presenza in loco dell’autore Jacopo Quadri. I ricordi di questa sua esperienza cinematografica. Le non sempre facili scelte di ripresa riguardanti l’approccio ai personaggi e all’ambiente. Il quadretto così vivace delle relazioni interpersonali da lui introdotte sullo schermo, dato che la campagna da lui descritta è una realtà che gli risulta molto famigliare e che gli stessi protagonisti sono in pratica i suoi vicini di casa.

Cominciamo pertanto col dire che il film di Quadri, tra i più importanti montatori italiani in circolazione ed attivo con profitto, all’occorrenza, anche come regista, è un piccolo gioiello che riecheggia per certi versi il cinema di Franco Piavoli ma che sa prendere poi direzioni proprie.
Quasi inevitabile pensare subito a Piavoli, visto il modo di esprimere per immagini il trascorrere delle stagioni in un contesto così differente da quello urbano. Gli animali, il lavoro nei campi, quell’atmosfera più rarefatta che si respira di notte.
Riprodotta con tocchi sapienti tale matrice, l’osservazione dei personaggi e della loro quotidianità assume però tratti specifici, connotazioni proprie, man mano che si va avanti. Protagonisti di Lorello e Brunello sono per l’appunto Lorello e Brunello Biondi, gemelli (che anche per indole verrebbe da definire “diversi”), la cui esistenza si snoda più o meno solitaria (alcune presenze femminili, dall’energica fidanzata rumena di Brunello, Mirella, alla mitica Ultimina, un’anziana del posto che di storie da raccontare ne ha davvero tante, vivacizzano alquanto la narrazione) nel podere di famiglia ai Pianetti di Sovana, in Maremma, dove il lavoro sembra assorbire gran parte delle loro attenzioni. Ed è qui che si coglie la modernità dell’approccio di Jacopo Quadri, che al fascino antico ed aspro della vita agreste sa associare, senza peraltro farle risultare invadenti, certe problematiche contemporanee legate in qualche modo alla globalizzazione: difatti i due fratelli, pur potendo contare su un patrimonio di 400 pecore e 100 ettari di terra, rischiano costantemente di finire in perdita, viste le quotazioni sempre più basse di grano e latte, da un lato, e la condotta più aggressiva sul mercato dei grandi viticoltori della zona; potenziali restauratori, all’atto pratico, del vecchio ordine latifondista.

Lorello e Brunello va così ad inserirsi in un lodevole filone dell’odierno cinema documentario, teso a ripercorrere il filo di una accanita e spesso solitaria resistenza, della lotta di pochi contro le spinte deteriori di multinazionali e società globalizzata. A livello internazionale vengono in mente, quale termine di paragone, titoli decisamente interessanti come quel The Lonely Battle of Thomas Reid visto di recente all’Irish Film Festa o come Titixe di Tania Hernández Velasco, ambientato invece in Messico. Rispetto a tali lavori il documentario di Jacopo Quadri beneficia per giunta di una maggiore armonia. E non ci sorprende più di tanto, quindi, che nel 2017 avesse ottenuto in una vetrina prestigiosa come il Torino Film Festival sia una Menzione Speciale della Giuria che il Premio Cipputi, relativo proprio alle tematiche del lavoro.

Stefano Coccia

Articolo precedentePaper Flags
Articolo successivoParlamenti di aprile 2019: diario di bordo #3

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

cinque + 13 =