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Logger

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VOTO: 7

Un bosco da incubo

In concorso al Ravenna Nightmare 2022, Logger di Steffen Geypens non ha vinto premi ma ha generato una certa inquietudine nel pubblico festivaliero; confermando, del resto, una certa propensione per il perturbante da parte di una cinematografia, quella belga, il cui rapporto coi generi assume spesso tinte originali, beffarde.

Con l’horror e col fantastico in generale un cineasta come Steffen Geypens aveva avuto modo di cimentarsi più volte, firmando un fortunato grappolo di cortometraggi che annovera titoli quali Hold Back (2015), Silent Campine (2018) e BOS (2019). Per questo suo lungometraggio insolitamente breve, invece, si è ispirato al terrificante ricordo infantile che una fiaba di La Fontaine, La morte e il boscaiolo, aveva lasciato in lui; l’unica della raccolta avuta tra le mani da bambino, ci ha tenuto a specificare il regista, che poteva vantare come protagonisti non animali ma figure umane.
Da questo immaginario turbato ha preso forma un’oscura favola cinematografica, un vero e proprio incubo boschivo, che attraverso la ripetizione di pochi elementi ossessivi riesce a scavare un solco profondo nella psiche dello spettatore. Il ritmico abbattersi sulla legna di un’accetta da boscaiolo. Il ritrovamento di un corpo orribilmente mutilato. Lo sconvolgente shock visivo associato di continuo al dettaglio degli occhi. L’inseguimento tra due personaggi dalle conseguenze a dir poco assurde, oltre che crudeli. Un susseguirsi di apparizioni oniriche tra cui quell’imperiosa figura femminile facilmente identificabile con la Morte.

Impastando tutte queste scene in un mood allucinatorio, evocando visioni dal remoto ascendente lynchano ma con un montaggio tale da ricordare certe ossessioni di Aronofsky (Madre!, in particolare), Steffen Geypens ha dato vita a un loop tenebroso che si nutre anche di ralenti, simmetrie, tagli di montaggio frastornanti, sequenze ipnotiche. Niente male, per un piccolo film indipendente nato con pochi mezzi a ridosso di pandemia, restrizioni e lockdown, quest’ultimo “evaso” intelligentemente dalla piccola troupe girovagando tra boschi solitari. E nota di merito, infine, per la giovane Mona Lahousse, una Morte dal piglio terribile ma a suo modo anche seducente.

Stefano Coccia

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