Meglio l’Aldiquà
Per i duri di comprendonio: non fosse stato sufficiente il quasi coevo Talk to Me – attualmente nelle sale – ecco questo L’Esorcista – Il Credente a ribadire ulteriormente come il famigerato aldilà sia un luogo da evitare come o peggio della peste. Curiosamente anche nel requel (una via di mezzo tra reboot e sequel) del capolavoro di Friedkin, al pari del film dei fratelli Philippou, è presente un’adolescente alle prese con un lutto famigliare troppo grande per essere superato senza danni, ovvero la precoce scomparsa del genitore materno. In entrambi i lungometraggi la ricerca di un contatto con la genitrice nell’altro mondo sarà destinata a nefaste conseguenze.
Con le analogie tra le due opere meglio fermarsi qui, per dedicarci ad una lettura del rischiosissimo aggiornamento intentato dalla Blumhouse per mano del regista David Gordon Green, ex promessa del cinema indie made in U.S.A. già uscito indenne dalla rilettura in forma di trilogia di un altro classico come Halloween. In questo specifico lavoro, non avendo a disposizione un Michael Myers investito del ruolo di catalizzatore del male, la faccenda si complica alquanto. Pochissime le strade da percorrere. Una, assai impervia, avrebbe potuto prevedere il tentativo di estremizzare in modo ancora più palese le istanze de L’Esorcista originale, datato 1973. Attuare cioè un discorso filosofico sulla religione cattolica ed il proprio rovescio della medaglia (la possessione diabolica), rigirando le due metà fino a confonderle definitivamente. Niente di tutto ciò. Perché gli autori di questo L’Esorcista – Il Credente hanno scelto la scorciatoia assai più semplice di un moderato horror come tanti altri, adatto per ogni tipo di pubblico e perciò “addomesticato” anche nel desiderio (superficiale) di ragionare sull’essenza del Bene e del Male, nella circostanza due entità ben separate.
Del resto l’obiettivo primario della Blumhouse è sempre stato quello di incassare ed i soldi si fanno con il pubblico adolescente a gremire le sale cinematografiche. Per cui David Gordon Green avrà risposto, in fase di lavorazione, con il più scontato degli “obbedisco”. Non mancano, ovviamente, numerose strizzatine d’occhio ai fan dell’originale, dai cani che si azzuffano nell’incipit fino alla presenza nel cast della grande Ellen Burstyn, la quale riprende il personaggio già interpretato nel quintessenziale film di William Friedkin e che, abbastanza inverosimilmente, si cimenta in quest’ultimo lavoro in un esorcismo fai da te in qualità di esperta della materia dagli esiti piuttosto fallimentari. Un po’ la metafora dell’operazione stessa, rimasta prigioniera di troppe aspettative e capace solamente, nel suo esile sostrato socio-politico, di condannare senza appello un certo bigottismo cattolico sempre presente a molte latitudini ed esaltare al contrario l’amore genitoriale, l’unica arma capace di sconfiggere – secondo gli autori – le forze più abiette del male.
Una fastidiosa morale discretamente infantile nella sua chiarezza che rende L’esorcista – Il Credente, al netto di alcune sequenze ben girate con moderati effetti splatter, più simile ad un lungometraggio ordinario senza pretesa alcuna che all’aggiornamento di un capolavoro senza tempo. Anzi, se proprio dovessimo ragionare su un concetto meramente temporale sembrerebbe quest’ultimo il film girato cinquanta anni orsono, mentre L’Esorcista primigenio mantiene tuttora intatta tutta la propria carica eversiva. La stessa in grado di creare quell’atmosfera opprimente perfettamente funzionale nel generare angoscia e, successivamente, terrore. Altri tempi, purtroppo…
Daniele De Angelis