L’eterna lotta tra il bene e il male
C’è da aspettarsi davvero di tutto da un cineasta del calibro di Bruno Dumont! Già, perché, di fatto, il celebre regista di Bailleul, attraverso il suo mondo innovativo e fortemente straniante di intendere la messa in scena, non ha mai avuto paura di osare, di tentare nuove strade e nuovi linguaggi cinematografici, di regalarci storie ora crude, ora incredibilmente dissacranti, spiazzandoci come raramente capita. Alla luce di ciò, dunque, non stupisce il fatto che L’Empire, la sua ultima fatica, presentata in corsa per l’ambito Orso d’Oro alla 74° edizione del Festival di Berlino, abbia fatto molto parlare di sé addirittura ancora prima della sua anteprima mondiale.
Com’è stato possibile ciò? Per chi non avesse ancora letto nulla a riguardo, inizialmente avrebbe dovuto far parte del cast di L’Empire anche l’attrice Adèle Haenel, la quale, tuttavia, ha dopo poco abbandonato il progetto e deciso di ritirarsi (quasi) definitivamente dall’industria cinematografica, perché stanca di dover lavorare in un ambiente razzista e sessista. Secondo le sue stesse dichiarazioni, anche questo lungometraggio di Dumont sarebbe a suo modo razzista, dal momento che non è presente all’interno del cast alcuna minoranza etnica, e parlare con il regista di tale questione non sarebbe servito a nulla. Ma ora, al di là di ogni possibile polemica o riflessione in merito, veniamo finalmente al film e vediamo da vicino di cosa si tratta.
La storia messa in scena, dunque, è ambientata in un piccolo paese marittimo nel nord della Francia. Jony (impersonato da Brandon Vlieghe) è un giovane pescatore che vive insieme a sua madre e al suo figlioletto di due anni, dal momento che non sta più insieme alla mamma del bambino. Line (Lyna Khoudri) si è appena trasferita insieme alla sua famiglia nello stesso villaggio di Jony e trascorre le sue giornate a prendere il sole e a vagare senza meta. I due si incontrano quasi per caso e immediatamente si rendono conto che nell’aria c’è qualcosa di strano. E se proprio la nascita del figlio di Jony possa rappresentare un evento rivoluzionario per quel piccolo paese?
In L’Empire, dunque, Bruno Dumont si è divertito a mettere in scena in modo del tutto soggettivo l’eterna lotta tra il bene e il male, realizzando una bizzarra ed esilarante parodia di Star Wars, con tanto di spade laser che compaiono dal nulla e che creano un forte contrappunto insieme a immagini estremamente realistiche e prive di ogni qualsivoglia effetto speciale. I personaggi sono, ognuno a loro modo, volutamente innaturali e sopra le righe. Sembrano quasi vivere in una dimensione tutta loro. Allo stesso modo, i loro costumi sono volutamente posticci e kitch, contribuendo a rendere l’effetto della messa in scena ancor più paradossale.
Eppure, al di là delle risate, al di là delle situazioni volutamente grottesche e apparentemente prive di logica, ciò che Bruno Dumont ha voluto comunicare con questo suo L’Empire (per l’uscita italiana L’Impero) potrebbe essere interpretato in un modo ben preciso. Da sempre scettico e fortemente critico verso quel cinema mainstream che tanto e tanto piace agli spettatori di tutte le età, e, soprattutto ultimamente, quasi “arrabbiato” con quel pubblico che sembra non apprezzare più un certo tipo di cinema, Dumont pare abbia voluto scagliarsi (non troppo) velatamente contro determinati sistemi. Come dargli torto? Le sue intenzioni parlano chiaro, e lo fanno attraverso un film sì a volte ostico, ma anche fortemente godibile, che, di un tocco surreale e di un voluto effetto respingente fa i suoi cavalli di battaglia.
Marina Pavido