Home Speciali Saggi Le immagini di David Lynch

Le immagini di David Lynch

113
0

Un’interpretazione del cinema di David Lynch

Sin dal suo esordio David Lynch delineò quelli che poi sarebbero stati dei tratti ricorrenti e caratteristici del suo cinema e della sua produzione artistica tout court: con Eraserhead (1971) il regista originario del Montana dipinge un affresco prepotentemente a-logico ed irriflesso, saturo di immagini disturbanti, spaventevoli e mefistofeliche, che proprio nella loro irrisolvibile infondatezza imprigionano la coscienza spettatrice, inscenando una pantomima per molti versi simili a quella onirica, nella quale il dormiente vorrebbe svincolarsi dalla morsa dell’incubo, ma inutilmente. Non riesce a distoglierne l’attenzione, come se, paradossalmente, le scene che tanto lo turbano e a cui sembra star passivamente assistendo, non avessero unicamente in lui stesso il loro motivo d’esistenza.

Spesso, e non senza ragione, la trattazione del cinema lynchano è stata accompagnata da aggettivazioni quali “surrealista”, “irrazionale”, “immaginifico”; e simili definizioni sono indubbiamente legittime se derivanti da un’intenzione analitica coscientemente superficiale e approssimativa. I film di Lynch spesso sacrificano l’aspetto narrativo, per dare la priorità a quello visibilista; destabilizzano lo spettatore con montaggi frastagliati e disarmonici; costruiscono enigmi senza mai scioglierli fino in fondo, lasciando nelle mani di chi osserva semplici possibilità di sviluppo. Eppure, malgrado il suo robusto potenziale d’inquietudine e ansietà, il cinema di Lynch non può esser classificato sotto il genere horror. Non si concede mai ad espedienti telefonati, a soluzioni tipiche, a stilemi scolastici. Quello che stiamo cercando di dire è che, diversamente dai film di suddetta categoria, che solitamente spaventano ma mantenendosi fedeli alla logica fascinatoria di ogni spettacolo e quindi alla proverbiale alternanza di “ipnosi” e brusco risveglio, i film di Lynch profilano scenari prepotentemente sinistri, il loro contenuto non è epidermicamente terrificante: è l’atmosfera del mondo rappresentato ad essere un’atmosfera da incubo, e la ragione delle risposte scosse e angosciose che tipicamente li accompagnano deve essere ricercata più a fondo tanto del loro impianto meramente tecnico quanto delle loro immagini, misteriosamente seducenti. Le opere di Lynch ci scuotono, ci fanno tremare perché ci mostrano qualcosa che conosciamo fin troppo bene; ed è il fondo onirico, pregrammaticale, ctonio della realtà. Quell’universo inesprimibile ed essenzialmente mimico popolato da figure losche, rade, cangianti, inafferrabili proprio a causa della loro inespugnabile mutevolezza, che le fa svoltare da un’identità a un’altra, da un volto ad un altro, fedeli ad un’irrefrenabile ridondanza.

Eppure – e qua intendiamo ricollegarci all’introduzione di questo articolo – l’io spaventato, imperlato di sudore che viviamo così frequentemente al momento del risveglio, non è altro che l’io creatore di quel sogno che un tale spavento ci ha trasmesso, come si trattasse di una coscienza contemporaneamente narrante e ascoltatrice, che si racconta una storia sinistramente ammiccante il cui contenuto non è mai eccedente la consapevolezza che essa stessa ne ha, ma che nonostante ciò la coglie di sorpresa, la colpisce analogamente ad uno stimolo esterno e indipendente.

L’interscambio di Betty/Diane e Rita/Camilla in Mulholland Drive (2001) e di Renne/Alice in Strade perdute (1997), le personificazioni del Male così tipicamente lynchane quali Frank in Velluto Blu (1986), Bob in Twin Peaks (1990-1991), e soprattutto Dick Laurent/Signor Eddy nel già citato Strade Perdute continuano a trasmetterci inquietudine perché ci ricordano di quei momenti nei quali,per lo più a livello inconscio, abbiamo anche noi diretto opere di un simile tenore, con considerevoli differenze nel materiale, ben più grezzo,ripetitivo e inarticolato, privo di quel soffio di pensiero che Lynch instilla anche in immagini apparentemente del tutto irriflesse.

Esemplare per quanto riguarda questa disamina è la meravigliosa sequenza del club Silencio (interamente ideato da Lynch, che spesso si dedica alla creazione degli inconsueti spazi dei suoi film) in Mulholland Drive, scena che, non a caso, appartiene a quella parte della pellicola avente luogo nel dominio onirico: Betty e Rita che assistono ad un’emozionante esibizione lirica, dalla quale sono entrambe profondamente rapite ed assorte. Poi, d’un tratto, la cantante crolla pesantemente a terra ma la musica, la melodia e la voce stessa continuano il loro corso senza interruzioni di sorta: i volti delle due astanti sono terrorizzati, gli occhi sono sbarrati e fermi come in uno spasmo di puro terrore, fissamente puntati su quella specie di impresario che irrompe sulla scena pronunciando l’emblematica battuta “È tutto un nastro. È solo un’illusione”.

Questa scena, apparentemente così innocua e inoffensiva, ci fornisce un accesso privilegiato ad un angolo altrimenti inesplorato della nostra coscienza, nel quale sono accantonati innumerevoli luoghi, figure, ma soprattutto inarticolabili sensazioni, aventi origine da paure e ansie in parte ereditarie, in parte scaturite dalla personalissima biografia di ciascuno, che trovano nei film di Lynch quella messa in scena per mano di una coscienza estranea che sarebbe assolutamente impossibile in un mondo chiuso e solipsistico come quello onirico.

David Lynch a Lucca

La presenza di un artista così rivoluzionario al Lucca Film Festival di quest’anno è quasi impossibile da sopravvalutare.
La settimana del festival avrà inizio il 28 Settembre,con una Conferenza nella quale interverranno,oltre allo stesso Lynch, il Professor John Hagelin (presidente della Lynch Foundation) e Pietro Pietrini dell’Università di Pisa.
A partire da Lunedì 29 Settembre, in cui verrà assegnato il premio alla carriera a Lynch, verranno proiettate le principali pellicole del regista americano (Mulholland Drive, Cuore selvaggio, INLAND EMPIRE, Fuoco cammina con me, Eraserhead), in diverse sedi tutte comunque facilmente raggiungibili e situate nel centro della città.

A questo indirizzo è possibile controllare il programma completo del festival,compresa una mappa della zona di proiezioni: http://www.luccafilmfestival.it/wp-content/uploads/2014/09/depliant.pdf

Alla città di Lucca va inoltre riconosciuto il merito di averci restituito una rappresentazione completa ed esauriente della personalità artistica di David Lynch: da Sabato 20 Settembre, presso il nuovo spazio espositivo dell’archivio di stato di Lucca è infatti possibile visitare gratuitamente la mostra “David Lynch. Lost Visions. L’indiscreto fascino dello sguardo”, un’interessante raccolta di fotografie, litografie e video aperta fino al 9 Novembre prossimo.

Come molti altri registi (Fellini,Scola,Burton,solo per citarne alcuni) anche Lynch si è da sempre diviso tra molteplici modalità espressive, dal design (come già precedentemente ricordato, il club Silencio è una sua creazione, allo stesso modo degli interni di INLAND EMPIRE) al fumetto, dalla moda alla scultura.

La mostra comprende una serie di 17 lavori fotografici intitolata Women And Machines, e realizzata da Lynch alla fine 2013 presso l’atelier Idem, dove dal 2007 ha portato avanti anche le sue realizzazioni litografiche, sotto il titolo di Small Stories: per quanto mai completamente riducibili l’una all’altra, queste attività poligrafiche si propongono di portare avanti temi da sempre individuabili nel lavori del Lynch regista, quali l’ambivalenza e la spersonalizzazione della figura femminile (basti constatare quanto frequentemente ritroviamo la medesima attrice con un diverso colore di capelli ed una personalità opposta), le degenerazioni fisiche, l’oscura e insondabile vicinanza dell’amore con la morte. Il ragguardevole lasso di tempo impiegato per dare alla luce questi lavori, assieme alla passione creatrice che affiora così chiaramente da ogni scatto, non fanno che confermare quanto preminente sia una loro considerazione, per una comprensione della poetica lynchana che aspiri ad un’effettiva completezza. Inoltre, un video girato dal regista per testimoniare il lavoro svolto presso l’atelier sarà proiettato lungo il percorso della mostra.

Ginevra Ghini

Per informazioni e dettagli organizzativi più approfonditi rimandiamo comunque all’esauriente ed aggiornato sito del festival: http://luccafilmfestival.it/

Articolo precedenteThe Equalizer – Il vendicatore
Articolo successivoPosh

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

20 − sedici =