Unconventional Toys
Che quest’estate la Settima Arte non volesse andare in vacanza lo si capisce dal numero di uscite previste nella stagione balneare, alcune delle quali programmate il giorno di Ferragosto. Tra queste figura quella di Kin, che dopo una prima apparizione in Italia lo scorso giugno nel corso della prima edizione di Oltre lo specchio, approda finalmente nelle sale nostrane con Leone Film Group. Basato sul cortometraggio del 2014 dal titolo Bag Man, il film diretto anch’esso da Jonathan e Josh Baker ci porta al seguito del quattordicenne Eli, che esplorando una rimessa abbandonata alla periferia di Detroit in cerca di parti da rivendere scopre un’arma misteriosa tra i resti di una violenta battaglia. Jimmy, suo fratellastro maggiore, è appena uscito di prigione, ma ha un debito con una gang. Per saldarlo, viene coinvolto nel piano per rubare negli uffici dove lavora Hal, padre biologico di Jimmy e patrigno di Eli. La rapina va storta. Nel fuggire, Jimmy convince Eli a seguirlo. Sulle tracce dei due si mettono criminali, agenti federali e misteriosi insegui-tori mascherati.
Il risultato non può che essere un cocktail trans-genere che mescola nel proprio DNA dosi equivalenti di azione, fantascienza e thriller, al fine di offrire alla platea di turno un giocattolone audiovisivo capace di andare incontro ai gusti di più fasce d’età, garantendo al fruitore di turno intrattenimento a buon mercato. In tal senso, Kin porta a termine la missione e lo scopo per i quali è stato concepito dalla coppia di registi e per farlo racconta una storia che unisce azione frenetica, viaggio on the road e una riflessione sui legami familiari. Fantascienza e cinetica diventano così una metafora della crescita in un mondo aspro e comunque sorprendente. Il tutto mantenendo il più possibile un tono da indie che ne nobilita la genesi e la sua trasposizione, con questioni morali dubbie e la scelta di fondo che spetta al giovane protagonista, tra il modello retto del padre adottivo e l’impeto stradaiolo della vita del fratellastro.
Dunque, c’è anche un minimo di sostanza contenutistica nella scrittura, quanto basta a non rendere Kin solamente uno sparatutto intergalattico. Ciononostante la caccia all’uomo che costringe i due protagonisti a scappare dal cattivone di turno (un efficace James Franco nelle vesti di uno spietato villain tatuato in cerca di vendetta) resta il baricentro intorno al quale ruota l’interesse dello fruitore con un paio di scene che da sole valgono il prezzo del biglietto (la pirotecnica fuga dalla bisca clandestina e lo showdown balistico in scena nell’epilogo della stazione di polizia). Questo perché la componente thriller rappresentata dalla misteriosa provenienza dell’arma e dall’identità degli extra-terrestri giunti sul pianeta per riprendersela non contribuisce alla causa nella giusta misura, mostrandosi a conti fatti semplice e prevedibile.
Francesco Del Grosso