Vi presento la strana famiglia
Partiamo pure da un presupposto. Per chi scrive Cloud Atlas, film realizzato dai Wachowski assieme a Tom Tykwer, rappresenta una delle opere cinematografiche più significative degli ultimi anni: autentico tripudio di invenzioni visive, sapienti raccordi narrativi e vertiginose prospettive filosofiche, nonché inno a una necessità di ribellarsi alle ingiustizie sociali che attraversa le generazioni, come una staffetta, per trovare poi coronamento in un iperbolico futuro. Fatta questa premessa, con Jupiter – Il destino dell’universo i sempre talentuosi Andy e Lana Wachowski sono voluti andare incontro alle aspettative del pubblico in quanto ad intrattenimento e spettacolarità pura, volando però molto più basso (contrariamente alle astronavi rappresentate, che gli spazi siderali li attraversano con invidiabile facilità) rispetto a tutto il resto.
In sostanza Jupiter – Il destino dell’universo è una frenetica “space opera”, che per protagonista ha la bellissima Mila Kunis, qui nei panni di una ragazza di origini russe dai trascorsi travagliati, finita a vivere in una metropoli americana dove però la sua quotidianità si snoda tra lavoretti modesti e alquanto squallide parentesi familiari. Incredibile quanto possa essere breve il passo da Chicago ai più remoti angoli dell’universo. Questa indomita “Cenerentola dello Spazio” si troverà ben presto coinvolta nella drammaticissima faida tra i tre eredi di una potentissima dinastia cosmica, gli Abrasax, parimenti intenzionati a usare gli abitanti della Terra, come già sperimentato con quelli di altri pianeti, per un tremendamente cinico e lucroso commercio. Anche nel sistema solare la stagione della “mietitura” sta per arrivare…
Ma al fianco dell’inizialmente spaesata Jupiter Jones, a.k.a. Mila Kunis, si schiererà subito un abilissimo e leale guerriero interplanetario, frutto peraltro di portentosi e inquietanti incroci genetici: quel Caine al quale Channing Tatum presta fisicità e un imperturbabile sguardo da macho. Teorie sulla reincarnazione. Destini impressi nel codice genetico. Poteri oscuri interessati ad assoggettare la Terra. Lotta tra ideali progressisti e un processo di massificazione della società, che risulti funzionale al dominio di determinate oligarchie. Molte delle tematiche già presenti nel cinema dei Wachowski (a partire dall’idea dei corpi degli umani da sfruttare come risorsa energetica, che rimanda da vicino a The Matrix) si rincorrono in questa parabola fantascientifica, che ha senz’altro il pregio di conquistare lo spettatore col suo ritmo indiavolato e con la bellezza delle scene d’azione. Ma la sostanza?
Purtroppo Jupiter – Il destino dell’universo appare indebolito dallo schematismo di una sceneggiatura che sfiora catastrofi cosmiche, risolvendole banalmente, per regalare poi i fraseggi più kitcsh durante quei siparietti sentimentali tra Mila Kunis e Channing Tatum, tradotti in dialoghi talora davvero risibili. Lo stesso citazionismo di cui è intrisa questa, come altre opere dirette dai due fratelli americani, non riesce stavolta a produrre una poetica convincente, coesa, restando invece confinato in un’ottica troppo frammentaria. Gli Abrasax del film (per quanto ben resi, a livello di singoli personaggi) possono sembrare la copia sbiadita della casata Atreides di Dune. Gli aspetti più picareschi dell’avventura intergalattica ricordano ora Flash Gordon, ora Il quinto elemento (ad esempio gli affascinanti costumi indossati da Jupiter Jones lontano dalla Terra) e ora Star Wars, specialmente per il look in certi casi bestiale e in altri antropomorfo delle creature aliene. Si fa spesso sentire, insomma, la mancanza di una maggiore compattezza, in questo script ballerino. Così come non sarebbe stato affatto male poter contar su un po’ di ironia in più, nei confronti del genere, quella stessa ironia che ha contribuito a rendere Guardiani della Galassia un autentico gioellino.
D’altro canto, smontata un po’ la filosofia che anima Jupiter – Il destino dell’universo, c’è da dire che tali limiti ne compromettono solo in parte la godibilità: le doti ritmiche cui accennavamo prima si riflettono infatti sia in un uso brillante del 3D che in coreografie delle sequenze di combattimento coinvolgenti ed esteticamente raffinate, come è lecito aspettarsi dai Wachowski. Lo stesso discorso vale per quelle componenti scenografiche che, specie nel caso dell’astronave di cui è proprietario il terzogenito degli Abrasax, con ambienti futuristici che si alternano ad architetture gotiche e ad altre di gusto neoclassico, risultano assai piacevoli per lo sguardo.
Stefano Coccia