Il re del Wing Chun
Ci voleva la partecipazione a Rogue One nelle vesti di Chirrut Îmwe per sdoganarlo definitivamente, portandolo una volta per tutte all’attenzione del grande pubblico occidentale e anche degli addetti ai lavori d’Oltreoceano. Non è un caso che lo vedremo da qui a qualche settimana nei panni del villain Xiang in xXx – Il ritorno di Xander Cage. Eppure si possono contare precedenti esperienze in pellicole mainstream a stelle e strisce nell’arco della sua prolifica carriera davanti la macchina da presa, come ad esempio quelle in Highlander: Scontro Finale, Blade II o 2 cavalieri a Londra. Ma a pensarci bene, la popolarità planetaria che può dare un episodio della saga di Star Wars di certo non può dartela uno dei titoli sopraccitati. Per cui non bisogna sorprendersi più di tanto se uno come Donnie Yen, volto notissimo dello star system cinematografico orientale, prima dell’uscita nelle sale della fortunata pellicola diretta da Gareth Edwards fosse per moltissimi un perfetto sconosciuto, o almeno per quella larghissima fetta di pubblico che non frequenta abitualmente il cinema orientale, in particolare quello più commerciale dei martial arts action. E’ triste da dire, ma purtroppo è così.
Al contrario, chi come noi da anni ne fa largo consumo e partecipa a vetrine festivaliere specializzate come il Far East Film di Udine saprà benissimo quale posizione di rilievo l’attore cinese è arrivato a occupare nel gota del cinema asiatico, grazie a una serie di ruoli in altrettante pellicole di successo. Tra questi c’è quello del celeberrimo e indimenticabile insegnante di arti marziali Ip Man, maestro di Bruce Lee e vero e proprio eroe nazionale. Dal 2008 ad oggi, Donnie Yen lo ha interpretato per ben tre volte (con una quarta in arrivo nel 2018) in altrettante pellicole dirette da Wilson Yip. L’ultima in ordine di tempo risale al 2015, anno di produzione del terzo capitolo dell’omonima saga marziale a lui dedicata che, come i precedenti, è approdato nel mercato home video nostrano grazie alla collana “Far East Film” edita da CG Entertainment e Tucker Film.
Disponibile nella doppia versione Dvd e Blu Ray dallo scorso dicembre, con i medesimi contenuti a comporre il comparto extra (trailer e interviste al regista e agli interpreti principali, compreso Yen), ma con una sostanziale differenza da registrare sul versante della qualità dell’immagine e del suono a favore del supporto in alta definizione, Ip Man 3 ci catapulta nella Hong Kong del 1959. Il figlio del maestro d’arti marziali Ip Man frequenta una scuola elementare che si trova nel mirino di una gang che vuole rilevarne il terreno. Il celebre esperto di wing chun mette insieme le forze dei suoi discepoli e quella di un guidatore di risciò esperto di arti marziali per fronteggiare il pericolo. Ma non sarà l’unico che dovrà affrontare: qualcosa di più personale, e inaspettato, sta per sconvolgere la sua vita.
Sul versante drammaturgico e narrativo va registrata una significativa novità rispetto ai precedenti capitoli, ambientati rispettivamente nella Foshan (Cina) degli anni Trenta e nella Hong Kong di inizi Cinquanta. Nel terzo atto ci troviamo ancora nel protettorato britannico, sono trascorsi pochi anni dai fatti narrati in Ip Man 2. Nelle prime due parti, le gesta del protagonista si sono sempre andate a mescolare con i fatti storici e con il destino del Paese di origine e con quello dove troverà ospitalità dopo la fuga, rilegando il carattere biografico e le sue vicende personali in secondo piano. Di conseguenza, è il carattere storiografico a occupare gran parte delle timeline e dei racconti: in Ip Man l’invasione giapponese del 1937, incarnata dall’esercito nipponico e in particolare dal letale esperto di karate Generale Miura e dal suo sadico vice Sato; mentre in Ip Man 2, il “diavolo straniero” venuto dall’Europa, qui rappresentato dalle forze dell’ordine di Sua Maestà e dall’imbattibile pugile Taylor “Twister” Milos. Nella pellicola del 2015, il protagonista se la dovrà vedere ancora una volta con un nemico proveniente da Occidente e con una minaccia interna (il riferimento alla malavita locale e alla corruzione nei vertici dei governanti britannici è fin troppo chiara). Stavolta, il “diavolo straniero” indossa i colori della bandiera a stelle e strisce e risponde al nome di Frank, un boss a capo di una triade mafiosa locale. Mentre il “nemico” interno di turno è l’abilissimo combattente Cheung Tin-chi, anch’esso esperto di Wing Chun, che proverà a spodestare Ip Man dal ruolo di unico insegnante di quello stile. Insomma, pure stavolta gli impegni non mancano.
La novità introdotta dagli sceneggiatori sta nell’aumento della sfera intima del protagonista, rappresentata dalle vicende private e familiari del protagonista. In Ip Man 3 si prova finalmente a trovare un maggiore equilibrio tra la dimensione pubblica e quella privata, dando più spazio agli eventi della vita e al profilo umano del personaggio, quanto basta per disegnare sullo schermo, non solo il ritratto di un valoroso eroe e formidabile combattente, ma anche quello di un uomo, di un padre e di un marito altrettanto formidabile. A molti potrebbe infastidire e non sembrare oggettivo il disegno di un eroe senza macchia, senza scheletri nell’armadio, sempre sulla retta via, che mette i valori prima di tutto, per lo più amorevole capo famiglia, ma questo è il prezzo da pagare quando ci si misura con la biografia di un intramontabile mito nazionale. Questa volta, in ballo c’è la sicurezza del il figlio minore Ip Ching (quello maggiore Ip Chun, è tornato a Foshan per studiare) e la salute di sua moglie Cheung Wing Sing. Lasciamo però alla visione del film la scoperta degli sviluppi dei suddetti accadimenti. Ciò che possiamo constatare è che si assiste a una maggiore attenzione nei confronti della caratterizzazione dei personaggi, che comporta un ridimensionamento dell’impatto storiografico. Dal punto di vista del peso specifico che occupa nella biografia di Ip Man, però, questo capitolo come una parentesi di transizione utile a costruire le basi per ciò che verrà narrato e mostrato nei successivi. Ma per affermarlo con certezza dovremo attendere Ip Man 4. A parte, la caratterizzazione e alcuni momenti particolarmente toccanti, lo script ha messo in evidenza una certa schematicità e soprattutto una serie di giri a vuoto, prolissi e didascalici, che ne hanno intaccato il ritmo e la scorrevolezza.
Per il resto, il menù portato sullo schermo da Yip resta comunque di buon livello. Sono tre i buoni motivi per non lasciarsi sfuggire un’opera che ha già collezionato otto candidature agli Hong Kong Film Award (portando a casa il premio per il miglior montaggio) e tre riconoscimenti allo Shanghai International Film Festival 2016, tra cui quello per la migliore coreografia d’azione. Un riconoscimento, quest’ultimo, che non dovrebbe sorprendere più di tanto, visto che la componente coreografica, soprattutto marziale, è sempre stata il valore aggiunto della saga (ma anche del prequel Ip Man – The Legend Is Born e del sequel Ip Man – The Final Fight, entrambi firmati da Herman Yau). Ed è questo il primo buon motivo per acquistare il Dvd di Ip Man 3, ossia la versatilità registica di un Wilson Yip ancora in stato di grazia (non lo si vedeva così dai tempi di Sha Po Lang del 2005), in grado di fondere i canoni linguistici e tecnici dei grandi esponenti del cinema marziale hongkonghese del passato con nuovi elementi stilistici. Ma le coreografie funzionano, il merito è soprattutto di colui che le ha pensate e messe in quadro, vale a dire Yuen Wo Ping, il leggendario action director di Matrix e Kill Bill. Queste, come quelle firmate da Sammo Hung nei primi due episodi, rappresentano dei veri e propri saggi di cinetica, che hanno nella velocità di esecuzione, nella geometria delle traiettorie disegnate nello spazio grande o piccolo che sia e nella potenza del gesto marziale, i punti di forza. Scene memorabili come quelle del cotonificio e del dojo nel primo capitolo o del mercato del pesce e del ristorante con il grande tavolo circolare nel sequel, sono senza ombra di dubbio destinate a rimanere impresse nei decenni, sia dal punto di vista dei duelli uno contro uno che dei combattimenti corali. E non sono da meno quelle presenti nel terzo capitolo, a cominciare da quella del corpo a corpo nell’ascensore della clinica tra Ip Man e il sicario tailandese al tutti contro uno nel cantiere navale, passando per il duello armato a colpi di wing chun nella palestra tra il protagonista e Cheung Tin-chi oppure quello pugilistico nell’ufficio di Frank.
Al personaggio del boss mafioso americano Frank è legato il secondo buon motivo. A interpretarlo un ospite d’eccezione, un Mike Tyson in forma non smagliante che, appesi i guantoni al chiodo, da qualche anno a questa parte si guadagna da vivere con particine, comparsate, camei e veri e propri ruoli sui set di mezzo mondo (da Rocky Balboa a Una notte da leoni e Scary Movie 5). La recitazione lascia ancora molto a desiderare, ma quando c’è da scagliare pugni e mandare KO gli avversari di turno, il ragazzo ci sa ancora fare.
E last but not least la confezione, che anche questa volta è di altissima qualità e dal forte impatto visivo. A brillare di luce propria sono le sontuose e accurate ricostruzioni scenografiche, l’attenzione nei dettagli dei costumi, ma anche il montaggio e la fotografia non lasciano nulla al caso. Non vi resta che correre ad acquistare il Dvd o il Blu Ray nello Store più vicino e constatare quanto detto con i vostri occhi. Male che vada avrete aggiunto un buon film di arti marziali alla vostra cineteca.
Francesco Del Grosso
Ip Man 3
Regia: Wilson Yip
Hong Kong, 2015 Durata: 100′
Cast: Donnie Yen, Lynn Hung, Mike Tyson, Patrick Tam
Lingue: Dolby Digital 2.0 e 5.1 | Originale Dolby Digital 2.0 e 5.1 Sottotitoli: Italiano e Italiano per non udenti
Formato: 16/9 2,35:1
Extra: Trailer, Interviste a Wilson Yip, Donnie Yen, Mike Tyson, Lynn Xiong, Patrick Tam
Distribuzione: CG Entertainment/Tucker Film