L’amore fa dei giri immensi e poi ritorna
Più di un addetto ai lavori, nel giorno della presentazione alla stampa di Io e lei in quel di Roma, ha definito il nuovo film di Maria Sole Tognazzi: una storia “omo-sentimentale” piuttosto che omosessuale. Anche noi ci sentiamo di definirla tale. Ciò è dovuto alla scelta di concentrare il plot unicamente sul ventaglio di sentimenti ed emozioni che normalmente viene aperto nell’arco di una love story. Qui la tematica omosessuale, infatti, diventa volontariamente un dettaglio, importante si, ma non determinante ai fini narrativi e drammaturgici. Questo per un desiderio dell’autrice di consegnare alle platee un film che parlasse di un amore fra due persone, indipendentemente dal loro orientamento sessuale. Quello diretto dalla regista romana, nelle sale con Lucky Red a partire dall’1 ottobre in duecento copie, prende volutamente le distanze da un approccio standardizzato, mettendo da parte anche tutto quel carico di cliché e stereotipi che affollano la filmografia di riferimento. In più, ci troviamo al cospetto di una storia che viene spogliata completamente da tutta una serie di elementi ricorrenti nella filmografia gay-lesbo, a cominciare dalla componente sessuale che in molte opere analoghe si presenta in larga misura. Siamo pertanto lontani anni luce dalla carnalità del meraviglioso La vita di Adele di Kechiche, dalla quale si differenzia, oltre che per il risultato e la mancanza assoluta di scene di sesso, soprattutto per il registro e il tono utilizzati.
Di conseguenza, coloro che attribuiscono alla Tognazzi e al suo film una certa leggerezza nel trattare il suddetto tema, o ancora di averlo affrontato in punta di piedi, ridimensionandolo a favore di altro, non hanno capito la direzione presa dal progetto. Dunque, prima di un approccio analitico e critico all’operazione che, come vedremo non è estranea a limiti e difetti, bisogna innanzitutto entrare in sintonia con l’operazione stessa e l’idea che vi è alla base. Se la coppia protagonista della pellicola non fosse stata infatti tutta al femminile e unita da una relazione che dura da ormai cinque anni, quella raccontata dalla regista capitolina nella sua ultima fatica dietro la macchina da presa – la quarta per la precisione di fiction – , verrebbe considerata semplicemente l’ennesima delle milioni già portate sul grande schermo dall’alba della Settima Arte. Ma il solo fatto che la relazione è tra due donne dovrebbe renderla “diversa”. Ma per quale motivo non può essere uguale alle altre? Potrà sembrare strano, ma il fatto di essere solo una storia d’amore come tante, narrata in una commedia sentimentale come tante, è esattamente l’obiettivo che si era prefissata la Tognazzi quando ha deciso di scrivere il film a sei mani con i sodali Ivan Cotroneo e Francesca Marciano.
Il rapporto che lega Federica (Margherita Buy) e Marina (Sabrina Ferilli) è immerso nella quotidianità e nella normalità di una vita trascorsa dentro e fuori dalle mura domestiche, raccontato nello stesso modo in cui si potrebbe raccontare quello che unisce una coppia eterosessuale, ossia passando attraverso l’immancabile e vorticoso valzer di eventi, emozioni, sensazioni, lontananze e riavvicinamenti, che normalmente lo scandisce. Banale? No; al contrario decisamente originale se si pensa che prima di Io e lei nessuno nel nostro Paese lo aveva mai fatto. Assurdo, ma vero. E tale scelta acquista ancora più valore se si considera che, nella produzione cinematografica made in Italy, l’amore fra due donne è stato raccontato solo in rarissime occasioni e quelle poche volte esclusivamente in chiave drammatica (Viola di mare e Riparo). La Tognazzi, come le colleghe d’oltreoceano Desiree Akhavan in Appropriate Behaviour o Lisa Cholodenko ne I ragazzi stanno bene, punta invece sulla commedia dalle tinte rosa, quella old style e brillante, per catapultarci al seguito delle protagoniste, la cui storia è giunta a un punto di svolta. Proprio quando Marina pensa che ormai si possano considerare una coppia stabile, dall’altra parte c’è Federica che mossa da una serie di eventi entra in crisi. Ne scopriremo le motivazioni, ma solo andando al cinema potrete scoprire a cosa porteranno.
Con Io e lei ci si diverte e molto, merito più dell’impianto dialogico che della sceneggiatura nella sua interezza, ma soprattutto dell’affiatato e inedito duo ben assortito formato dalla Ferilli e dalla Buy che si fa carico del film e dei personaggi (quest’ultimi schematici, ma comunque funzionali alla causa), con schermaglie annesse. Ad arricchire le scene più riuscite sono i duelli verbali che le animano, quest’ultimi caratterizzati da battute affilate e ben assestate (vedi quelli prima della buonanotte che riportano la mente con le debite distanze a Casa Vianello), anche se calate purtroppo nel solito e stucchevole ambiente borghese del quale il cinema di casa nostra sembra non poter fare proprio a meno. Quando il film non funziona, non è per come è stato trattato il tema dell’omosessualità, ma per problemi di natura strutturale, ossia quando le schermaglia dialettiche cambiano registro diventando più seriose. Proprio i cambi di tono destabilizzano e non permettono all’opera di seguire la medesima andatura dall’inizio alla fine. Sta qui il tallone d’Achille di un film che, come il precedente Viaggio sola, si lascia piacevolmente guardare.
Francesco Del Grosso