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A New Born

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VOTO: 7

L’ultima metamorfosi

In un lasso di tempo composto da circa dieci minuti è possibile la narrazione di una storia compiuta? Sicuramente. Ma è anche possibile trasformare quella presunta storia in una serie di immagini che raccontino altro, decontestualizzino e astraggano la realtà quotidiana nonché, soprattutto, le persone che la vivono. Sin dal titolo è esattamente questo l’obiettivo del cortometraggio A New Born, diretto da Simone A. Tognarelli, classe 1983.
Una giovane donna (menzione particolare per l’aderenza al ruolo a Gea Martina Landini, in pratica unico personaggio in scena) fugge, forse da se stessa e da ciò che è. Qualcuno o qualcosa cerca di entrare nella sua stanza. La prima parte di A New Born è ricca di suggestioni ataviche. La luna piena in movimento nel cielo della notte, la paura pura dell’ignoto fiabesco che uno sguardo spettatoriale incontaminato inizialmente teme. Poi la donna cambia, godendo di questa sua trasformazione. Percependo quest’ultima, in tutta evidenza, come una tappa di crescita. O magari il ritorno ad un ancestrale stato di purezza. La televisione come oggetto di passaggio da una dimensione di vita ad un’altra gioca, ovviamente, un ruolo decisivo. Sullo schermo compare un misterioso di nome Christo (Michael Segal). Nome non casuale per un Messia che traghetterà l’essenza (l’anima?) della donna verso altri lidi. Chissà se di mera apparenza oppure di totale elevazione mentale e spirituale. Una nuova religione, un’altra fede.
Al di là del facile discorso sulle influenze artistiche riscontrabili nel cortometraggio di Tognarelli bisogna innanzitutto rilevare l’estrema professionalità della realizzazione. L’immagine – curatissima a qualsiasi livello, dalla composizione dell’inquadratura allo stile formale della fotografia –  è il film, è tutto. Feconda, fagocita e rigenera sotto diverse spoglie. E la donna non può che essere soggetto/oggetto di tale discorso. Simbolo eterno di procreazione e perciò rigenerazione del secolare ciclo esistenziale. In A New Born l’imperfezione umana mortale si fonde con l’apparato tecnologico, dando vita all’essere in teoria perfetto. Ma perfetto per chi o cosa? Il senso ultimo del cortometraggio di Tognarelli sfugge. Deve farlo. Non c’è risposta e guai se ci fosse stata. Sono sempre le immagini che lavorano al livello inconscio di chi le guarda, lynchiane nell’ottica più completa della definizione. Le metamorfosi, interiori ed esteriori, sono da sempre il fulcro del cinema di autori a tutto tondo come ad esempio David Cronenberg e Shinya Tsukamoto. Da un punto di vista concettuale A New Born contrae una sorta di debito con tali autori – e con altri che hanno partorito visioni futuribili o semplicemente “esemplari” su cosa diventeremo – che forse ripagherà in futuro. Allorquando il seme metaforicamente piantato dal cortometraggio in oggetto potrà dare i suoi frutti. Come punto di partenza pare già molto stimolante…

Daniele De Angelis

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