Prodromi di un’Apocalisse energetica
Il cinema post-apocalittico può assumere varie forme. E la declinazione scelta da Patricia Rozema per Into the Forest è senz’altro tra le più stimolanti, sia da un punto di vista filosofico che per modalità realizzative. Ma non è forse questa l’indicazione di maggior interesse, che abbiamo potuto raccogliere al termine del XXV Noir in Festival di Courmayeur. La vera notizia è, a nostro avviso, la vocazione così eclettica emersa sia dal gusto dei selezionatori che dal pubblico stesso, chiamato a esprimersi attraverso un semplice, pratico meccanismo di bigliettini rossi e neri, al momento di decretare i premi del concorso cinematografico internazionale consegnati poi l’ultima sera dall’attrice Maya Sansa (Premio Speciale) e dall’Assessore al Turismo della Regione Valle d’Aosta, Aurelio Marguerettaz (Leone Nero).
Stando così le cose, il Leone Nero per il miglior film è andato a una divertente spy comedy come Anacleto, agente secreto di Javier Ruiz Caldera (Spagna) con il 92% dei voti espressi; mentre il Premio Speciale del Courmayeur Noir in Festival 2015 è stato assegnato per l’appunto al più riflessivo Into the Forest della canadese Patricia Rozema, con l´88% dei voti espressi.
Molto interessante, come accennavamo, è il punto di vista scelto dalla cineasta canadese (già autrice di Mansfield Park e In Treatment) per raccontare la sorpresa, l’inquietudine, lo spaesamento di un’umanità riportata indietro di secoli da un blackout improvviso, che in Nordamerica cancella d’un colpo tutti gli agi, le comodità e gli stili di vita dati troppo a lungo per sicuri e immutabili. L’accorta riflessione cinematografica che ne deriva verte ovviamente sulla dipendenza da determinate forme di energia che l’uomo ha sviluppato in un arco di tempo relativamente breve, con in primo piano le alquanto ovvie e di sicuro traumatiche conseguenze che deriverebbero da un repentino azzeramento delle risorse energetiche. Ma la Rozema è bravissima anche nel riportare questa tematica non a situazioni drammaturgiche sensazionalistiche, forzate, ma alla quotidianità rivisitata di due sorelle, con tante problematiche personali ancora in sospeso, che si trovano d’un tratto sole, smarrite, in un bel cottage situato ai margini della foresta e quindi fuori dal mondo; accade pertanto che le nuove problematiche da affrontare, a partire dal non così scontato approvigionamento del cibo, si mescolino con toni ora intimisti e ora estremamente ruvidi alle dinamiche psicologiche assai delicate, fragili come il cristallo, di due giovani donne che fronteggiano con uno spirito inizialmente diverso l’inedito stato di cose, per poi rivelarsi incredibilmente solidali tra loro nei frangenti più complicati.
Nel rendere tutto più credibile notevole è l’impegno profuso dalle due protagoniste, Ellen Page (miss Juno) ed Evan Rachel Wood, veramente partecipi di un disegno cinematografico che le fa ballare di continuo su un filo sottile, sospeso tra normalità e tragedia incombente. Al contempo apprezzabile è l’impronta registica da post-apocalittico “minimale” conferito a Into the Forest dalla Rozema, che solo verso la fine si lascia andare, forse, a qualche soluzione narrativa un po’ troppo ad effetto e quindi fuori tono.
Stefano Coccia