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Le Ardenne

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VOTO: 8

Fratelli coltelli

Non ha vinto premi, ma Le Ardenne – Oltre i confini dell’amore – come recita il titolo italiano in luogo dell’originale The Ardennes – resta una delle scoperte più esaltanti del XXV Noir in Festival di Courmayeur. Una certa curiosità era affiorata in noi già dal momento in cui il regista Robin Pront è stato chiamato a introdurre il film.
Belga di origini olandesi, Pront ha scherzato col pubblico riguardo alla pronuncia del titolo, in originale D’Ardennen, che può anche far venire in mente due registi delle sue parti, giustamente celebrati a livello internazionale. Già, proprio loro, i fratelli Dardenne! E anche se col cinema dei Dardenne il film che abbiamo avuto modo di apprezzare, tosto come debutto, non c’entra un granché, sempre con due fratelli si ha a che fare…

In parte mélo dai tratti spigolosi, in parte noir che veleggia assieme ai suoi personaggi verso un epilogo sanguinolento e brutale, The Ardennes mette in scena innanzitutto il rapporto di amicizia/rivalità tra questi due fratelli, con alle spalle trascorsi a dir poco problematici. Un prologo di grande efficacia visiva e pari asciuttezza subito ci svela l’importante antefatto: i due avevano tentato la strada della rapina in una villa, fallendo però miseramente, tant’è che uno di loro, Kenneth, non aveva fatto in tempo a scappare ed era stato catturato. L’altro, Dave, era invece riuscito a fuggire facendosi portare al sicuro da Sylvie, fidanzata di Kenneth e complice dei due fratelli.
Per il fratello arrestato diversi anni di carcere. Per Dave, invece, la possibilità di indirizzare la propria vita diversamente, rigando dritto e trovandosi un lavoro onesto, per quanto di umili pretese. Ma con l’uscita di Kenneth del carcere non sarà affatto facile preservare quell’equilibrio, anche perché nel frattempo la bella Sylvie ha fatto anche lei le sue scelte, mollando il suo ex ragazzo e prendendo un’altra strada, che si rivelerà oltremodo pericolosa…
Per farla breve: il reinserimento in famiglia di un Kenneth da sempre poco equilibrato e incattivito dal carcere sarà accolto con un misto di gioia e timori praticamente da tutti, a partire dalla loro stessa madre, facendo profilare all’orizzonte la tragedia incombente.

Forte di una sceneggiatura alquanto solida, basata peraltro sull’omonima opera teatrale di Jeroen Perceval (il quale interpreta qui Dave, uno dei protagonisti), il cineasta belga ha saputo gestire con nerbo l’asprezza del materiale narrativo, giocando abilmente sia con gli stilemi del genere che con l’affiorare di sentimenti contrastanti, morbosi, racchiusi magari in segreti difficili da confessare.
La prima parte di The Ardennes esplora poi bene l’ambiente sociale in cui vivono i personaggi, rendendolo il brodo di coltura ideale per le diverse tensioni represse a fatica. Ma è senz’altro l’incandescente finale (assieme alla bravura degli attori) a fare la differenza. E ciò avviene dando luogo a una spirale violentissima, selvaggia, in cui tra virate verso il grottesco (formidabile l’apparizione nella notte degli struzzi scappati dall’allevamento) e rivelazioni melodrammatiche si perviene a un regolamento di conti tra i due fratelli, la cui amara conclusione è di quelle che lasciano il segno.

Stefano Coccia

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