C’è ancora spazio per il cinema civile?
Protagonista del film Thou Shalt Not Kill, in cui interpreta il medico ribelle che sfida il sistema corrotto, Alexandru Suciu è un attore rumeno che aveva già lavorato con i due registi del film, Gabi Virginia Sarga e Cătălin Rotaru, nel loro film presentato nella competizione dei corti al Festival di Cannes 2016. Compare nei film Il concerto di Radu Mihaileanu e Walking with the Enemy di Mark Schmidt.
Abbiamo incontrato Alexandru Suciu durante il festival Sguardi Altrove 2019, dove il film è stato presentato in concorso.
D: Thou Shalt Not Kill è ispirato a fatti reali avvenuti in Romania. Di cosa si è trattato?
Alexandru Suciu: Alcuni anni fa c’è stato un incidente in un club. È scoppiato un incendio e molte persone hanno subito ustioni su tutto il corpo; quando sono state curati in un ospedale in Romania, molti di questi sono stati male a causa di infezioni che hanno contratto proprio all’interno dell’ospedale. Sono state fatte alcune indagini ed è emerso che i disinfettanti utilizzati in quell’ospedale erano diluiti di circa dieci volte rispetto alle norme. Le sostanze attive in questi disinfettanti erano circa dieci volte meno efficaci di quanto avrebbero dovuto. Nel film tutti i numeri sono reali, si tratta di vere informazioni che abbiamo acquisito durante le nostre ricerche. C’è stata una campagna nei notiziari e nei giornali rumeni riguardo l’accaduto e poi c’è stato l’episodio con il manager della Hexi Pharma, l’azienda che forniva questi disinfettanti alla maggioranza degli ospedali in Romania; si presume si sia suicidato. Molti articoli parlavano di quanto era successo e la gente è insorta, tutti ne stavano parlando ma poi è passato tutto. L’unico risultato è stato che la Hexi Pharma ha smesso di vendere questi disinfettanti. Purtroppo, alcuni mesi fa, è venuta fuori la notizia che anche altre aziende vendevano disinfettanti altrettanto scadenti agli ospedali. C’è un processo in corso a queste aziende. Questo è quanto. Per questo motivo i registi Gabi Virginia Sarga e Cătălin Rotaru hanno provato a immaginare cosa sarebbe successo se qualcuno all’interno del sistema avesse cercato di fare qualcosa, di agire nei confronti di questa situazione. Hanno tentato di immaginare come si sarebbe dovuto muovere il soggetto in questione per risolvere questo problema. L’idea per il film è venuta da questi avvenimenti e loro hanno pensato di inventarsi questo personaggio perché né nella stampa né in altri settori pubblici c’erano informazioni circa qualcuno così. Dopo l’uscita del film e la sua proiezione in diverse città, ci sono stati alcuni medici che sono venuti da noi per dirci che loro ci avevano provato a fare qualcosa, ma nessuno sapeva niente ed erano soli. Come anche il film mostra, non puoi cambiare qualcosa se sei da solo.
D: Quindi il tuo personaggio non è reale, ma costruito come una figura ipotetica. Come hai lavorato sulla figura di Cristian?
A.S.: No, non si basa su alcun personaggio reale, ma abbiamo fatto molte ricerche prima di iniziare a girare. Abbiamo parlato con amici chirurghi, abbiamo fatto domande e ricerche su come gli ospedali sono organizzati, qual è il lavoro di ognuno, come i chirurghi si lavano le mani, addirittura anche sulle operazioni, quanto tempo ci vuole da quando una persona sviluppa l’infezione a quando muore. Abbiamo fatto molte prove perché avevamo venti giorni per le riprese e sapevamo di non poterle fare e rifare molte volte. Abbiamo fatto la maggioranza delle prove solo io e i registi e poi due mesi prima di girare le abbiamo fatte anche con tutti gli altri personaggi.
D: Che reazione ha suscitato il film, nell’opinione pubblica, sui giornali?
A.S.: La reazione generale è stata che molte persone empatizzano con il soggetto e con la storia; ci sono stati alcuni casi in cui molti (oltre i medici) hanno detto «ho provato anche io a fare qualcosa del genere». Pazienti, persone che hanno perso i loro cari a causa di infezioni che hanno preso all’interno degli ospedali, che magari andavano a farsi visitare regolarmente oppure entravano per interventi di routine per poi non uscire più. Sì, tutti si sono rivoltati e tutti hanno detto «sì, quello di cui state parlando è reale», «le cose stanno davvero così». Sfortunatamente questa è stata l’estensione della reazione del pubblico, del tipo «così la situazione non va bene», ma non ho aspettative che qualcuno faccia qualcosa di più, anche se avrei voluto altre reazioni da parte delle persone, qualcosa come «sì, la situazione è pessima, vediamo cosa possiamo fare a riguardo insieme». La realtà è che tutti dicono «sì, sì» e poi vanno a casa, pensano a come stanno le cose e finisce lì. I pazienti si aspettano che i medici facciano qualcosa, ma molti di questi sono giovani e non hanno alcun potere per cui a loro volta sperano che magari siano i pazienti o il pubblico a fare qualcosa, anche se fino ad ora la situazione è rimasta praticamente invariata.
D: Come è stata organizzata la lavorazione del film?
A.S.: C’è stato un gran lavoro di preproduzione perché i dettagli dei luoghi erano molto specifici. Come l’ospedale doveva essere, come l’appartamento dei genitori doveva apparire, come doveva essere l’appartamento del protagonista Cristian, dove questi vive con la madre. Per questi motivi molto tempo e molte energie sono stati spesi per trovare i luoghi giusti dove girare. Tutto è stata fatto con una sola camera, è stato un po’ complicato considerando il programma, perché avendo solo venti giorni per fare tutto dovevamo essere sicuri che i luoghi fossero disponibili in quei giorni precisi, soprattutto l’ospedale. Non avevamo un budget tale da poterne costruire uno finto, quindi abbiamo girato tutto in un vero ospedale, con veri pazienti e veri medici. siamo molto grati all’ospedale che ci ha permesso di fare tutto questo. Durante le riprese, quanto una scena è finita si usa la parola che in Romania equivale a “stop!” che però è anche molto comune negli ospedali per quanto un paziente sta avendo un infarto. Perciò le infermiere, quando i registi gridavano “stop!”, accorrevano nel panico perché credevano che qualcuno stesse avendo un infarto; alla fine ci hanno chiesto di smettere di usare quella parola.
D: Molti film rumeni vengono presentati ai festival in questo periodo. Come funziona il sistema di finanziamento in Romania?
A.S.: In Romania, il film viene finanziato dal Centro Cinematografico Nazionale. Le cose stanno così: si realizza un copione, si presenta un progetto e tu ottieni punti. Più sono i festival dove è stato, più premi ha ottenuto, più punti ottieni e maggiori sono le possibilità di ottenere finanziamenti. Per questo motivo è stato importante che il cortometraggio dei registi Gabi Virginia Sarga e Cătălin Rotaru, 4:15 P.M. The End Of The World, fosse stato a Cannes, in una competizione ufficiale.
Giampiero Raganelli