Gli autori del cortometraggio “Nel silenzio” si raccontano
Durante l’ultima edizione del Figari Film Fest, andata in scena a Golfo Aranci nella prima settimana di luglio, diversi sono stati i cortometraggi italiani che hanno sorpreso per la brillantezza di certi spunti narrativi, la cura della recitazione, lo stesso approccio formale. Uno di questi è Nel silenzio di Lorenzo Ferrante e Matteo Ricca. Gli autori sono andati incontro a un tema difficile, il rapporto tra due fratelli uno dei quali ridotto da tempo in stato vegetativo, avanzando con passo felpato verso una visione non stereotipata dei rapporti famigliari, in cui le prossemiche dei corpi, la peculiare natura di un gesto e il guardarsi in silenzio dicono probabilmente di più, delle pochissime parole spese nel corso del film.
Ma, visto che i due registi non sono tenuti a rispettare, per supposta analogia, la “regola del silenzio”, li abbiamo interpellati così da saperne di più sulla genesi del loro lavoro…
D: Tanto per cominciare, una domanda di rito: come è nato il soggetto del vostro cortometraggio, Nel silenzio? E avete sentito da subito il desiderio di portare avanti un approccio così radicale, sia nella forma che nell’impronta narrativa, a relazioni umane indubbiamente complesse?
Lorenzo Ferrante: Io e Matteo ci siamo conosciuti nel 2013 ad un festival in cui i nostri rispettivi corti erano selezionati in concorso (Bibbiena Film Festival), ci siamo subito “trovati” sia a livello di gusti cinematografici che umanamente. Dopo due anni senza quasi mai aver avuto un contatto, Matteo mi ha mandato una prima versione della sceneggiatura chiedendomi cosa ne pensassi, se volevo aiutarlo a realizzarla. Leggendola mi sono subito innamorato di una scena, l’ho visualizzata immediatamente e ho sentito il bisogno di girarla. Ci ho visto qualcosa che in quel momento avrei voluto fare per crescere artisticamente, pensando subito ad un totale abbattimento dei dialoghi in favore di una forma forte, semplice e decisa.
Matteo Ricca: Il soggetto di Nel Silenzio è nato come nascono un po’tutti i miei lavori, lentamente e senza farsi notare. Ho passato quasi un anno a lasciare che alcune scene completamente slegate tra loro mi girassero libere in testa poi, quando finalmente mi sono deciso a trascriverle, mi sono accorto che c’era ben poco da costruire perché quelle scene, nel loro insieme, raccontavano già qualcosa di importante, qualcosa a cui tenevo. Poi devo ammettere che il lavoro di riscrittura a 4 mani ha arricchito notevolmente il soggetto iniziale.
D: Tra gli spunti più apprezzabile del corto vi è, a nostro avviso, quella capacità di sintesi affidata alle immagini, in cui si riassume il “non detto”, ossia quei dati pregressi relativi ai protagonisti (vedi ad esempio la vecchia foto dei due fratelli) che consentono di capire la situazione e le loro emozioni attuali più di tante parole. Vi riconoscete in questa sommaria analisi e, qualora fosse così, come vorreste motivare simili scelte estetiche e narrative?
Lorenzo Ferrante: Per quanto mi riguarda, nei miei film precedenti ho sempre dato molto valore alla forma e all’estetica, utilizzando stratagemmi narrativi molto articolati e non lineari. In Nel Silenzio abbiamo voluto ridurre tutto all’essenziale, trovando quindi dei quadri visivi esplicativi, senza raccontare a parole. Questa è una cosa che da spettatore, quando vedo un film, amo molto. Capire e intuire il racconto dal linguaggio visivo, non solo dai dialoghi. Inoltre ci sembrava il metodo più elegante e rispettoso per raccontare una storia simile, il nostro sguardo c’è ma non giudica. Nemmeno lo spettatore può farlo, si può solo vivere questo estratto di vita assieme ai personaggi, con evoluzioni che continueranno anche dopo il finale.
Matteo Ricca: Spesso il problema, quando si scrive di certe tematiche, è quello di voler spiegare il dramma, voler dare maggiore enfasi alla malattia, ai rapporti umani, al perdono, alla rabbia. Qui abbiamo deciso di provare a non farlo, ma anzi, riducendo i dialoghi, abbiamo provato a fare immergere lo spettatore direttamente dentro la vicenda, dentro quella famiglia.
D: Le scene nella natura hanno la loro importanza, in più comunicano una profonda bellezza. Dove avete trovato, ad esempio, le suggestive location fluviali?
Lorenzo Ferrante: Scrivendo la sceneggiatura, sia io che Matteo avevamo ben chiari gli ambienti di cui avremmo avuto bisogno. Tramite degli amici, abbiamo avuto a disposizione una casa immersa nel parco delle Alpi Apuane, in Toscana. Siamo quindi andati a visitare la zona e abbiamo trovato “Isola Santa”, un piccolo villaggio antico nei pressi di un lago artificiale. Ci è da subito sembrato l’ambiente perfetto per girare la nostra storia.
Matteo Ricca: Per quanto riguarda le scene di interno avevamo, così come per quelle in esterno, le idee molto chiare. Abbiamo girato diverse settimane alla ricerca della casa “giusta”, ma sempre con scarsi risultati. Così abbiamo deciso di prenderne una che avesse più o meno gli spazi necessari e, con il grande lavoro di Giulia Coretti, la nostra scenografa, l’abbiamo completamente ricostruita.
D: La scelta degli attori ci è parsa parimenti indovinata, sia per i due ragazzi che per la coppia di genitori. Come è avvenuto il casting?
Lorenzo Ferrante: Il ruolo più facile da assegnare è stato quello di Luca (Andrea Tibaldi), che interpreta il fratello in stato vegetativo. Lo vidi recitare in un cortometraggio nel 2006 e mi rimase molto impresso, sia per la sua bravura che per i suoi lineamenti. Ho pensato subito a lui per questa parte. Per ovvi motivi, avevamo bisogno di un volto fortissimo e particolare. Credo che quello di Andrea sia molto interessante perchè racconta e riempie lo schermo naturalmente. Abbiamo fatto delle ricerche e siamo andati a discutere con la primaria del Centro Risvegli di Bologna per affrontare al meglio e nella maniera più verosimile il suo personaggio. Andrea si è dimostrato da subito entusiasta e super partecipativo, così come Lorenzo Demaria che interpreta il ruolo di Mauro, l’altro fratello.
Matteo Ricca: Dopo aver contattato Andrea abbiamo iniziato a pensare chi potesse fare la parte di Mauro, l’altro protagonista. Così ho contattato una mia cara amica, attrice del Piccolo di Milano, e le ho chiesto se aveva qualcuno da consigliarci. Nei giorni seguenti abbiamo incontrato diversi attori, ma quando abbiamo visto Lorenzo abbiamo capito subito che era quello che faceva al caso nostro. Lorenzo infatti, oltre che essere un attore realmente straordinario, ha qualcosa nel viso che suggerisce un dolore antico, una docile malinconia che si sposava perfettamente con il viso del nostro personaggio. Un’altra cosa straordinaria è stato il lavoro fatto insieme da Lorenzo e Andrea, i due protagonisti.
L’affiatamento è stato immediato e durante le giornate di lavorazione si notava una sinergia davvero fuori dal comune. Per quanto riguarda la madre, abbiamo scelto Monica Bonomi perché avevamo bisogno di un’attrice di indiscusso talento ed esperienza. Il ruolo della madre, sia pur presente in poche scene, è fondamentale perché sintesi perfetta di ciò che accade in quella famiglia. Monica è andata oltre anche le nostre aspettative. Una volta letto il copione c’è stato ben poco da dirle, i suoi sguardi all’interno del film sono così profondamente materni che non c’è stato quasi bisogno di aggiungere altro al loro rapporto. Con Marco, il padre, ci siamo lasciati rapire dal suo volto. Avevamo bisogno di uno sguardo rassicurante, ma con un viso che esprimesse comunque quella fermezza paterna di cui era pieno il nostro personaggio. Marco, oltre che essere ora un caro amico, si è dimostrato molto professionale ed è stato un piacere lavorare con lui.
D: Anche la musica sembra avere un certo rilievo, nel sottolineare i differenti stati emotivi che si alternano durante il corto. Cosa potete dirci a proposito della colonna sonora?
Lorenzo Ferrante: La colonna sonora è davvero essenziale. Abbiamo voluto giocare principalmente con i suoni ambientali e della natura per tutta la durata del film, utilizzando la musica solo nella scena chiave. Volevamo un suono di chitarra minimale… ma sporco, distorto e potente.
Matteo Ricca: I suoni, nella loro feroce essenzialità, sono i veri compagni dei nostri personaggi. Le acque prima immobili e poidecise nel loro scorrere, il vento prima assente e poi impetuoso tra gli alberi, i silenzi spezzati solo da pochi rumori di stoviglie…
D: Sappiamo che oltre al Figari Film Fest, dove lo abbiamo scoperto, Nel silenzio ha già partecipato a diversi festival, sia in Italia che all’estero. Insomma, stanno arrivando soddisfazioni, dalla circuitazione festivaliera del corto?
Lorenzo Ferrante: Siamo molto contenti dei risultati, frutto di un lavoro collettivo della nostra troupe e dei nostri attori. Che ringraziamo enormemente per averci seguito in questo progetto. Abbiamo distribuito il corto principalmente in festival nazionali salvo qualche eccezione. I festival internazionali più importanti in cui siamo stati selezionati sono Los Angeles, Shanghai e a breve Tangeri in Marocco.
Matteo Ricca: Le selezioni sono ormai già qualche decina e questo, dobbiamo ammetterlo, ci riempie di soddisfazione, ma se dovessi citarne una in particolare per cui sono stato felice di essere selezionato e premiato è stata proprio quella del Bibbiena Film Festival, la dove il rapporto mio e di Lorenzo ebbe inizio.
D: C’è un’altra domanda di rito alla quale, in parte, avete già risposto: questo quindi è il primo cortometraggio che realizzate insieme? E adesso avete altre idee da sviluppare in comune, oppure ognuno sta lavorando a un progetto diverso?
Lorenzo Ferrante: Prima di Nel Silenzio non avrei mai pensato di fare una co-regia… ma ho voluto provare e con Matteo mi sono trovato alla perfezione. Penso che non ci riuscirei con nessun altro. E’ molto raro condividere così tanto sotto molteplici punti di vista, soprattutto artistici. Non escludo in futuro di creare ancora con Matteo, mi piacerebbe molto. Ma penso che le distanze “fisiche” siano molto difficili da colmare quando bisogna scrivere… ideare e sviluppare un film. Abbiamo vite molto diverse in questo momento.
Matteo Ricca: Non voglio sembrare ripetitivo, ma effettivamente la coregia con Lorenzo è stata davvero una grande scoperta, perché non c’è niente di più difficile che condividere con un altro un’idea che hai in testa, un’impressione che hai avuto, un’immagine che ti è tornata alla mente. Con Lorenzo questo è avvenuto naturalmente, senza che ci fosse bisogno di chissà quali argomentazioni. Durante le riprese bastava un’occhiata per capire se eravamo soddisfatti o meno del lavoro e anche quando ci trovavamo con idee differenti, si lavorava affinché si trovasse un punto comune, uno sguardo che abbracciasse quello di entrambi. Il futuro nessuno può predirlo, ma ad ora nessun nuovo progetto insieme all’orizzonte. Ad ora.
Stefano Coccia