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Il vegetale

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VOTO: 5

Squadra vincente non si cambia

Che in un periodo storico come il nostro la precarietà ed il mondo del lavoro siano temi che fanno gola a non pochi cineasti, è cosa ormai risaputa. Già da circa più di dieci anni a questa parte, infatti, soprattutto nell’ambito della cinematografia nostrana, sia per quanto riguarda lungometraggi drammatici che commedie, quando al proprio lavoro si vuol dare un tono, per così dire, “impegnato”, ecco che l’argomento crisi-disoccupazione-precarietà finisce per fare da leit motiv all’intera pellicola. Restando, appunto, nell’ambito della commedia, tutti ricordiamo il fortunatissimo prodotto del cineasta barese Gennaro Nunziante, Quo vado? (2016), ultimo lavoro frutto della collaborazione tra il regista ed il comico Checco Zalone – suo conterraneo – dove, in modo ironico e sarcastico al punto giusto, vengono raccontate le vicende di un giovane, eterno Peter Pan, che, talmente affezionato al suo prezioso “posto fisso”, non ha alcuna intenzione di allontanarsi dal suo paese, né tantomeno dalla casa dei suoi genitori. E tale lavoro è risultato anche piuttosto riuscito, di certo il miglior prodotto nato dalla collaborazione tra i due artisti. Dal momento che, però, la carriera da regista di Nunziante si è sviluppata sempre insieme a Zalone, viene da chiedersi se suoi ulteriori, nuovi lavori senza il comico pugliese possano avere o meno la stessa presa sul pubblico. La risposta è arrivata soltanto due anni dopo l’uscita in sala di Quo vado?, quando il cineasta ha dato vita a Il vegetale, commediola senza troppe pretese – distribuita, però, nientepopodimeno che dalla Disney – che racconta la difficoltà di un giovane a trovare un impiego degno degli studi appena compiuti. Protagonista della pellicola, il giovane youtuber e cantante Fabio Rovazzi, che per l’occasione ha indossato i panni di Fabio, laureato in scienze della comunicazione che per arrotondare fa volantinaggio e che, orfano di madre dall’età di dieci anni, non ha più alcun rapporto con il proprio padre – un costruttore benestante ma disonesto – il quale si è a sua volta rifatto una famiglia. Un giorno, però, l’uomo avrà un incidente e Fabio dovrà occuparsi della sorellina, portandola con sé – dopo aver fatto fallire l’impresa di costruzioni di suo padre – in un remoto paesino del Sud Italia al fine di frequentare un master.
Le cose, senza particolari ribaltamenti o colpi di scena degni di nota, andranno come facilmente ci si può immaginare, con il giovane protagonista che riuscirà a realizzarsi soltanto mettendosi in proprio (perdonate lo spoiler). Ed è proprio la prevedibilità di tutto il lungometraggio – unitamente, purtroppo, ad un protagonista poco empatico e con troppo poco mordente – a rendere Il vegetale un prodotto quasi del tutto anonimo, che va inevitabilmente a confondersi all’interno della miriade di commedie italiane che ogni anno fanno capolino sul grande schermo, per poi finire definitivamente nel dimenticatoio.
Sono ben poco d’aiuto, dunque, interpreti come Luca Zingaretti – nel ruolo di un abitante del paese dove il protagonista va a frequentare il master – così come la giovane e promettente Rosy Franzese – nei panni della sorellina di Fabio. Con uno script che ha quasi paura a tentare il nuovo ed a “spiccare il volo”, i personaggi sembrano muoversi all’interno di uno schema più e più volte sperimentato, con qualche apprezzabile espediente comico (molto ben riuscita, a tal proposito, la figura di Nicola, coinquilino del protagonista), ma pregnante di forzati luoghi comuni – il tema dell’immigrazione è uno di questi – e totalmente privo di una propria personalità.
Ciò che immediatamente viene da pensare è che il regista Gennaro Nunziante si sia sentito, in qualche modo, quasi “spaventato” dall’idea di doversi muovere senza il suo storico partner artistico. E, chissà, magari, una volta “rotto il ghiaccio”, riuscirà una volta per tutte a tornare in pista. Questa, però, è un’altra storia.

Marina Pavido

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