Una commedia su come fuggire dalla famiglia per trovare la vera libertà
Arrivata alla soglia dei suoi quarantacinque anni, Rosa (Candela Peña) si rende conto di essere allo stremo delle forze. Il lavoro di sarta per il cinema la distrugge, caricandola di responsabilità e impegni cui, come se non bastasse, si sommano quelli familiari. Il fratello Armando (Sergi López), infatti, la tormenta per aiutarlo a stare dietro ai suoi due figli, annoiati adolescenti viziati, che lui stesso non è in grado di seguire abbastanza dal momento che la moglie lo ha lasciato. Violeta (Nathalie Poza), sorella di Rosa e Armando, si disinteressa totalmente della famiglia pensando più a lavorare e a bere. Il padre (Ramón Barea) cerca sempre la compagnia della figlia perché, da quando la moglie è morta, non riesce a sopportare la solitudine della vedovanza, tanto che finisce per decidere unilateralmente di andare a vivere con lei. Infine c’è anche il problema di Lidia (Paula Usero), adolescente figlia di Rosa, che è andata a vivere a Manchester ma che sta malissimo, perché il suo compagno musicista non c’è mai e sta unicamente a lei occuparsi tutto il giorno di due gemellini piagnoni e combinaguai. Rosa ha un compagno di nome Rafa (Xavo Giménez), ma questo sembra troppo occupato con il lavoro di ristoratore per ascoltarla davvero.
Di fronte a quella che oggi viene chiamata “famiglia disfunzionale”, l’unica decisione valida pare quella di non essere più il referente, l’ancora di salvataggio cui ognuno chiede aiuto, ma di fuggire. Rosa lascia il lavoro, molla la sua casa a Valencia, e torna nel piccolo paese marittimo in cui si trova ancora la vecchia sartoria dove, grazie alla madre, ha scoperto l’amore per l’arte del cucito. Poi, annuncia quello che è il suo matrimonio, senza dire a nessuno con chi intenda sposarsi. Ma mentre tutti cominciano ad invadere ancor di più la sua vita, organizzando senza chiederglielo i festeggiamenti, si avvicina la resa dei conti: Rosa infatti sta per sposarsi… con sé stessa!
La commedia Il matrimonio di Rosa di Icíar Bollaín, anche sceneggiatrice assieme ad Alicia Luna, è certamente ben girata, con i ritmi giusti e un cast di attori molto bravi. Ad impreziosirne la fattura c’è la fotografia che sfrutta al meglio la luce del sole di Spagna, dando alla pellicola dei bei colori caldi e forti. Ma al di là del cliché, ormai noto, della donna che fugge da una vita fatta di impegni e responsabilità asfissianti, conquistando la sua libertà (sfruttato molto meglio vent’anni fa in Pane e tulipani di Silvio Soldini), c’è da dire che la storia fa di tutto per farci detestare i suoi personaggi. Sembra quest’impianto narrativo una moderna accusa, senza risparmiare nulla, a quella che è l’istituzione della famiglia, vista come una sorta di prigione in cui non funziona mai nulla e dove ogni cosa che può andare male, puntualmente, ci va. Tutti sono menefreghisti, infantili, egoisti e incapaci di ascoltarsi l’un l’altro, al punto in cui alcuni dialoghi e situazioni, oltre che grotteschi, superano anche la minima plausibilità. Come quando Armando, venuto a sapere che Rosa vuol sposarsi in riva al mare, decide che non è abbastanza interessante la scelta della sorella e quindi, così su due piedi, chiama di fronte a lei il comune per organizzare la cerimonia direttamente in municipio. Senza che la sorella si opponga comunque più di tanto. Ognuno sa rendersi detestabile, compresa la figlia che arriva da Manchester e che, mentre all’inizio del film si arrabbia con la madre perché non vuole interferenze nella sua vita, ora se la prende con Rosa proprio perché non l’ha consultata circa le sue recenti decisioni di mollare Valencia e di sposarsi. Nessuna coerenza insomma.
Alla fine di tutto, la supposta libertà femminile non si concretizza nel sacrosanto desiderio di farsi rispettare, ma semmai nell’intenzione di spedire tutti a quel paese e di fregarsene di chiunque circondi la vita della protagonista. Mandando avanti una pagliacciata in cui ciascuno desidera mettere becco, Rosa trova la via di fuga nell’egocentrismo e in un individualismo sfrenato, circondata da una famiglia di pazzi, sottolineando platealmente come nessuno abbia bisogno di nessuno per essere felice, anzi semmai sono gli altri ad impedire qualsivoglia gioia. Non un bel messaggio per la società di oggi, avvelenata esattamente dai difetti che Rosa sceglie di abbracciare quale unica salvezza dai suoi problemi.
Massimo Brigandì