Il capolavoro della fantascienza torna sugli schermi in una versione solenne
L’evento cinematografico di quest’autunno è la trasposizione di uno dei più famosi e celebrati libri di fantascienza della storia, il “Dune” di Frank Herbert.
Il romanzo narra le vicende della casata Atreides, nobile famiglia che, nell’anno 10191, si trova ad affrontare la sua prova più difficile. Diventata infatti rispettata e potente all’interno del Landsraad, sorta di consiglio feudale galattico, essa finisce per suscitare l’invidia e i timori dell’imperatore che, dunque, ordisce un complotto per distruggerla. I principali obiettivi, naturalmente, sono i suoi vertici: il duca Leto Atreides (Oscar Isaac), carismatico e saggio politico, la sua concubina Jessica (Rebecca Ferguson), proveniente dal misterioso ordine sacerdotale delle veggenti Bene Gesserit e il loro figlio Paul (Timothée Chalamet), erede della dinastia. Non potendo aggredirli direttamente, pena la ribellione del Landsraad, il sovrano si serve del crudele barone Vladimir Harkonnen (Stellan Skarsgård), d’accordo con il quale mette a punto una raffinata trappola. Agli Atreides viene comandato di trasferirsi sull’ostile pianeta Arrakis, precedentemente gestito proprio dagli Harkonnen, costituito da sconfinati deserti, temperature infernali e rovinose tempeste di sabbia e su cui, come se non bastasse, vivono dei colossali e pericolosi vermi lunghi centinaia di metri. Lo scopo dichiarato è quello di gestire la raccolta della “spezia”, una sostanza che si trova unicamente tra le sabbie di Arrakis, che potenzia enormemente le facoltà mentali e che è essenziale ai piloti della gilda dei naviganti per riuscire a compiere i viaggi interstellari. Su questa, come è facile intuire, si basa l’intera economia imperiale. Per il duca Leto è chiaro che si tratta di un espediente per scatenare una guerra, pertanto decide di cercare l’alleanza con le genti indigene dei Fremen le quali, disprezzate e massacrate per anni dalle truppe del barone, potrebbero rivelarsi validi alleati. I Fremen non sono la popolazione di selvaggi che tutti credono. Come rilevato dall’esploratore Duncan Idaho (Jason Momoa), infatti, essi sono anzi in grado di realizzare sofisticate invenzioni: tra queste vi sono le importantissime tute distillanti, tute cioè in grado di riciclare i liquidi corporei, permettendo così di sopravvivere al calore letale dei deserti di Arrakis. Purtroppo, il piano dei nemici scatta troppo presto: gli Harkonnen, al comando del nipote del barone Glossu Rabban (Dave Bautista), con il pretesto di riprendere il controllo del pianeta delle spezie, attaccano in forze coadiuvati in segreto dalle migliori truppe imperiali, i Sardaukar. Jessica e Paul riescono a salvarsi a malapena ma quest’ultimo, pur sottovalutato da molti, non è uomo qualsiasi. Oltre ad essere stato addestrato nel combattimento dal capo delle guardie ducali Gurney Halleck (Josh Brolin), è anch’egli il frutto di un piano secolare volto a creare un “eletto”, un individuo capace di recare con sé un futuro migliore per l’umanità. Sta a lui cercare di ribaltare le sorti politiche degli Atreides e vendicare il massacro della sua famiglia.
Come si vede, si tratta di un complicato scenario politico che fa da preludio ad una lunga storia ricca di colpi di scena, oltre che di argomenti e tematiche attualissimi nonostante il libro sia stato pubblicato nel lontano 1965. Forse uno degli universi narrativi più dettagliati mai pensati e creati, questo ciclo è composto da ben sei romanzi, di cui questo film racconta appena la metà del primo. E’ evidente che il regista canadese Denis Villeneuve, e con lui la Warner Bros., sta pensando in grande, basti solo notare la ricchezza degli splendidi costumi e il livello del cast: se il pubblico premierà quest’ambiziosa opera, vedremo probabilmente sugli schermi l’intera epica saga. E’ un lavoro che occuperà molti anni. Certamente il talento visionario di Villeneuve (che si è cimentato nel 2017 con il sequel di Blade Runner) è quel che ci vuole per ritentare l’avventura cinematografica di Dune, già intrapresa nel 1984 da un’altra celebre trasposizione di David Lynch. Fu quella un’operazione non troppo fortunata, piagata dal desiderio di comprimere in un’unica pellicola l’intero libro: un errore in cui questa volta non si è voluti cadere. L’estetica qui sontuosa, volutamente barocca in ogni suo dettaglio, i toni solenni e tragici, sono elementi che si rifanno palesemente alla fantascienza di trenta o quaranta anni fa, ricalcando una narrazione fatta anche di silenzi, di visioni oniriche, confuse e inquietanti. Questo rende Dune un magnifico esperimento di cinema che, però, va a scontrarsi con i roboanti e adrenalinici titoli cui il pubblico più superficiale si è abituato negli ultimi tempi. Per seguire le due ore e mezza abbondanti di questo racconto buio, e a tratti mistico, è necessaria quindi molta pazienza e una buona dose di attenzione a quanto ci viene detto dai personaggi. Persino le sequenze di azione, come lo spettacolare momento dell’invasione planetaria Harkonnen, hanno un che di maestoso ma, volutamente, ben poca della frenesia o del dinamismo che qualcuno potrebbe immaginare. Per capire veramente l’efficacia di questa coraggiosa impresa è comunque necessario attendere la seconda parte della storia, dal momento che il finale, particolarmente anticlimatico, ci lascia letteralmente nel mezzo dei tormentati avvenimenti, desiderosi di conoscerne l’epilogo.
E’ insomma un film di altissimo valore tecnico, ma non per tutti e, nonostante l’impressionante spiegamento produttivo, forse non per il grande pubblico. Anche se lo meriterebbe.
Massimo Brigandì