La gaia (fanta)scienza
Partiamo pure, sfacciatamente, dall’importante riconoscimento che questo film, girato tra le foreste e i rivi del Sud Africa, ha ricevuto al termine del Trieste Science + Festival 2021 il Premio Asteroide che elegge ogni anno il miglior film di fantascienza, horror e fantasy riservato alle opere prime, seconde o terze di registi emergenti, raggruppate nella sezione Neon del festival. Il premio è stato assegnato in questa edizione da una giuria internazionale composta da Sabina Guzzanti, Dianne Leenders e Timo Vuorensola. Quest’ultimo un vero mito, a Trieste, da quando con fare scanzonato vi portò l’eccentrico “cult movie” Iron Sky: The Coming Race.
Vincitore del Premio Asteroide TS+FF2021 è per l’appunto Gaia di Jaco Bouwer (SUD AFRICA, 2021). Motivazione: con la sua cruda forza animale e quell’energia legata alla terra, Gaia ci offre uno sguardo sull’attualità e l’ambiente, trattando temi che riguardano tutti noi.
Ecco, a nostro avviso questa secca formula riassume, in breve, sia gli spunti più lodevoli che le eventuali banalità del lungometraggio in questione. Un antico segreto custodito nel fitto della foresta. Echi di una società consumista che corrompe tutto ciò con cui viene in contatto. Quel panteistico desiderio di riequilibrare il rapporto tra Civiltà e Natura, spinto fino ad assecondare il potere distruttivo delle stesse spore che, prodotte da un’atavica forma di vita, sono in grado di intervenire spaventosamente sulle sembianze e sulla struttura interna degli esseri umani. Fino a trasformarli in funghi antropomorfi.
Non è certo la prima volta che il cinema di genere esplora frontiere simili. E la memoria cinefila, per quando concerne specificamente i funghi, corre subito alle inquietanti trasformazioni già mostrate da un sublime artefice di mondi fantastici come il nipponico Ishirō Honda, in Matango il mostro (1963)…
Ma anche Apuleio e Ovidio sorridono sullo sfondo. Perché le Metamorfosi sono una fascinazione di antica data. Meravigliose e terribili.
Ecco, paradossalmente (in rapporto alla motivazione per cui è arrivato il premio), proprio quando Gaia accarezza in maniera più diretta il monito verso la civiltà delle macchine, i contenuti di una sinistra favola ecologica che intende metterci in guardia dalle nostre disattenzioni verso il mondo naturale, la narrazione rischia di proporre soluzioni scontate. Il beffardo finale nella metropoli è un esempio di queste concessioni un po’ sciatte alla sensibilità odierna. Non perché siano considerazioni sbagliate, ma perché vengono espresse in forma troppo prevedibile.
L’opera cinematografica di Jaco Bouwer acquista invece vigore, laddove il messaggio sociale risulti incastonato nel perturbante filmico, costruito anche attraverso lampi di pura visionarietà, plongée e contre-plongée che spiazzano da subito lo spettatore, straordinarie mutazioni che lasciano l’osservatore in bilico tra stupore e raccapriccio. Tali sono i momenti in cui l’attualità del plot e un linguaggio cinematografico di maggior impatto arrivano a sposarsi bene. Facendo sì che l’ossessione di funghi e spore si diffonda realmente dallo schermo alle nostre coscienze.
Stefano Coccia