Piccoli maghi di Cozzi
Per un lungo periodo Luigi Cozzi, sublime artigiano del cinema di genere italiano particolarmente attivo tra la seconda metà degli anni ’70 e i primi anni ’80, non aveva firmato nuovi lavori. Adesso pare che ci abbia ripreso gusto. E così, dopo il piccolo evento rappresentato nel 2016 da Blood on Méliès’ Moon, si è nuovamente affacciato al Fantafestival, arricchendone la 38esima edizione con un altro prodotto per certi versi speculare al precedente. Già, perché abbandonate le forme canoniche della narrazione cinematografica il nostro Cozzi, che non ha perso evidentemente il desiderio di filmare, si sta dedicando ora a qualcosa di diverso: nella fattispecie a un cinema molto più “leggero” produttivamente fatto di spirito divulgativo, scanzonate cornici metacinematografiche, riflessioni sul genere, frammenti di storie, ironiche autocitazioni e quant’altro.
Vi è comunque una simpatica novità, da parte nostra: con I Piccoli Maghi di Oz ci siamo pure un po’ commossi. Tale progetto cinematografico prende infatti le mosse da un’esperienza decisamente particolare. Sulla scia del soggetto proposto da Fabio Crisante, questa produzione Cinemart ha avuto per protagonisti gli studenti di una quinta della scuola elementare romana Jean Piaget. Con loro Cozzi ha realizzato una sorta di laboratorio didattico destinato da un lato a far conoscere ai bambini cosa si cela dietro la realizzazione di un film, dall’altro a renderli partecipi di quello stesso processo. In che modo? Semplicemente chiedendo agli alunni di esprimere il loro punto di vista su una delle storie di fantasia in assoluto più belle, Il mago di Oz, ricontestualizzandola a loro piacimento attraverso disegni e storielle da loro inventate, sulla falsariga del racconto originale di L. Frank Baum. Questa marea di disegni infantili si è potuta poi animare grazie alle magnifiche creazioni in CGI di Jean-Manuel Costa, già partner creativo di Luigi Cozzi per film come Hercules 2, il cui ottimo lavoro si è andato qui a mescolare con le tecniche di altri animatori.
L’ibridazione di forme espressive differenti è del resto una delle chiavi di volta, ne I Piccoli Maghi di Oz. All’interno della finzione cinematografica posta poi in atto, infatti, le vicende prendono slancio dentro l’istituto scolastico quando una giovane e volenterosa supplente comincia a leggere in classe estratti della nota fiaba, incontrando l’ostilità di una preside molto scorbutica e di altre insegnati bigotte, poco inclini a stimolare la fantasia dei piccoli alunni e desiderose soltanto di rispettare i programmi alla lettera. Per quanto risulti un po’ grezza a livello di riprese e montaggio, la cornice “live action” che vede protagonisti attori come Mirella D’Angelo, Maria Cristina Mastrangeli e Beun Garbe, tutti visibilmente partecipi del progetto e a loro agio con gli interpreti più piccini, è senz’altro funzionale a completare tale percorso in direzione di valori pedagogici assolutamente condivisibili e di un genuino amore per l’immaginario fantastico. Non ci ha sorpreso più di tanto, quindi, apprendere che I Piccoli Maghi di Oz è stato anche premiato come miglior film straniero al Shawna Shea Film Festival di Boston, proiettato al Festival di Stiges nella sezione Brigadoon e candidato ai David di Donatello come docu film.
Stefano Coccia