La lista che scotta
Giochi di potere ci catapulta senza rete di protezione al seguito di Michael, un giovane idealista che ottiene il lavoro dei suoi sogni alle Nazioni Unite come coordinatore del programma “Oil for Food”. Si ritrova in un Iraq che, nell’atmosfera già tesa del dopoguerra, è assediato da agenti del governo e da paesi avidi di potere attratti come squali dalle sue riserve di petrolio. Michael cercherà risposte nell’unica persona di cui è convinto di potersi fidare, Pasha, suo capo ed esperto diplomatico. Ma quanto più inizia a scoprire i dettagli, più comincerà ad affacciarsi il sospetto che si tratti di una cospirazione ad alti livelli. L’unica via di uscita sarà quella di denunciare tutto, mettendo a rischio la sua vita, la carriera del suo mentore e la vita della donna curda di cui è innamorato.
Quella raccontata nell’ultima fatica dietro la macchina da presa di Per Fly non è il frutto della spiccata immaginazione di qualche sceneggiatore di turno, bensì la vicenda che ha visto protagonista suo malgrado l’ennesima gola profonda (la mente non può tornare ad Edward Joseph Snowden o Julian Assange) che con le proprie clamorose rivelazioni ha innescato un’altra reazione a catena di portata globale, capace di sconvolgere l’opinione pubblica e soprattutto di fare tremare i piani alti e le sue stanze dei bottoni. La goccia che ha fatto traboccare il vaso di Pandora risponde al nome di Michael Soussan e quella narrata dal cineasta danese è l’adattamento per il grande schermo della sua autobiografia dal titolo “Backstabbing for Beginners: My Crash Course in International Diplomacy”, nelle sale nostrane a partire dal 11 luglio con M2 Pictures.
Fly e lo sceneggiatore Daniel Pyne partono dalle pagine della matrice letteraria per dare forma e sostanza a un thriller politico, il cui baricentro drammaturgico si sviluppa e ruota intorno al più clamoroso scandalo finanziario nella storia delle Nazioni Unite legato al piano “Oil for Food” (“Petrolio in cambio di cibo”), attivato dall’organizzazione intergovernativa dal 1995 al 2003. Uno scandalo, questo, che coinvolse moltissimi Paesi, Italia compresa, proprio per le tangenti pagate al governo iracheno di Saddam Hussein in cambio di milioni di barili di greggio. Il risultato è stato un vero e proprio effetto domino che ha avuto enormi ripercussioni a tutte le latitudini. Ma Giochi di potere non si limita a una cronaca più o meno fedele ed esaustiva dei fatti, ovviamente romanzata per esigenze di scrittura cinematografica, bensì riesce come lo Snowden di Oliver Stone a narrare in parallelo con l’intreccio mistery anche l’odissea umana del suo protagonista, restituendo sullo schermo parte delle implicazioni emotive del e dei soggetti coinvolti. Tra questi c’è ovviamente colui che si è trovato a viverne le losche trame e le conseguenza sulla propria pelle, ossia Michael, un giovane talentuoso e pieno di ideali che ottiene finalmente il lavoro dei suoi sogni alle Nazioni Unite. Ma a volte i sogni si sa nascondono una cruda e sconfortante realtà, che nel suo caso lo hanno posto di fronte a un bivio: tacere o raccontare quello che non avrebbe mai dovuto scoprire, mettendo a repentaglio tutto, persino la propria vita e quella della donna che ama?
La risposta alla domanda è già nota, riportata sulle pagine dell’autobiografia dallo stesso Soussan e di dominio pubblico grazie ai motori di ricerca, dunque andare a vedere il film serve a chi ne vuole sapere di più per provare così ad approfondire ulteriormente la materia. Oppure per quella restante fetta di pubblico che vuole semplicemente approfittare delle poltrone refrigerate di qualche sala cinematografica nel corso della stagione balneare, guardando un film che a nostro avviso avrebbe potuto e dovuto trovare un’altra collocazione nel cartellone annuale. Questo perché a conti fatti, Giochi di potere é per quanto ci riguarda un political thriller da non trascurare, che in certi passaggi della timeline sa anche essere incalzante e dove trovano spazio le buone performance del cast, in primis quella di Theo James nei panni del protagonista e di comprimari di lusso e grande affidabilità come Jacqueline Bisset e il Premio Oscar Ben Kingsley. Semmai il tallone d’Achille sta nella componente del dramma sentimentale, che riguarda Michael e la sua relazione pericolosa con Nashim, qui interpretata dalla bravissima Belçim Bilgin, che viene erroneamente sacrificata e ridotta al minimo indispensabile. Se si fosse dato il giusto spazio anche a questa costola narrativa, forse la pellicola e il suo script avrebbero potuto alzare ulteriormente l’asticella.
Francesco Del Grosso