Spettri di un passato mai sopito
Pipistrello d’argento come miglior cortometraggio internazionale alla 43ma edizione del Fantafestival, il giapponese Flashback Before Death, scritto e diretto da Rii Ishihara e da suo marito, il compositore Hiroyuki Onogawa, è un racconto dove realtà e fantasia si intrecciano e si confondono in un gioco misterioso che sta allo spettatore risolvere.
Completati i suoi studi in Francia come traduttore, Kikuo (Masatoshi Kihara) torna a casa, in una sera buia e tempestosa; siamo nel Giappone degli anni Trenta, e ad accoglierlo c’è l’amata sorella Tsuruha (la stessa Rii Ishihara). La storia assume toni sempre più inquietanti, tra lampi di ricordi e una cena a tre con la bambola Hinano, alter ego della figlia morta di Tsuruha. Passato e presente si mescolano, realtà e fantasia si fondono in un tutt’uno inscindibile lasciando quesiti irrisolti. La bambola è forse la vera Hinano (Hanae Seike), trasformata come desiderava per sfuggire al dolore della sua malattia? Tsuruha è viva o è essa stessa uno spettro del passato? Frammenti di giornale parlano di una donna e sua figlia morte suicide sulle rive del fiume, mentre a cena Kikuo è costretto a mangiare dei poco rassicuranti frutti di mare preparati dalla sorella in omaggio alle escargot francesi e scene di un antico rapporto morboso affiorano alla memoria.
Flashback Before Death, con le sue atmosfere inquietanti ed il ritorno del protagonista in una sorta di spazio incantato dove non si riconoscono più realtà e fantasia, ricorda i classici racconti di spettri giapponesi; cinematograficamente, potrebbe esserne un valido esempio l’episodio incentrato su una casa sospesa nel tempo del capolavoro di Kenji Mizoguchi I racconti della luna pallida di agosto. Spettri, demoni o semplici fantasmi? Quelli di Flashback Before Death parrebbero essere semplici Yurei, fantasmi di chi è deceduto di morte violenta o improvvisa; ma l’inquietudine portata dal racconto rende sottile la linea di demarcazione con gli Yokai, a metà tra spiriti e veri e propri demoni. Il lavoro a quattro mani della regista e del compositore crea magnificamente un’atmosfera spettrale in cui la storia si sviluppa come una sorta di crime story, i cui indizi si rivelano a poco a poco ma la cui risoluzione è lasciata all’interpretazione dello spettatore.
Michela Aloisi