La vendetta di un uomo tranquillo
Fatta eccezione per l’ottimo animatore Vladimir Leschiov, se pensiamo ad un paese come la Lettonia sono ben pochi i nomi di rilievo che ci vengono in mente in ambito cinematografico, purtroppo. Eppure, nel non troppo lontano 2014, alla 32° edizione del Torino Film Festival, aveva suscitato buone impressioni da parte di pubblico e critica il lungometraggio The Man With the Orange Jacket, del giovane cineasta Aik Karapetian. Ben tre anni più tardi, alla 35° edizione del Torino Film Festival, all’interno della sezione After Hours, ecco tornare, dunque, lo stesso autore con un nuovo prodotto, che, almeno ad una prima, sommaria lettura della sinossi, può sembrare ugualmente interessante. Stiamo parlando di Firstborn, singolare thriller psicologico che mette in scena la crisi di un intellettuale spocchioso ed arrogante, che non è riuscito a difendere la moglie da un’aggressione in strada.
La storia raccontataci, dunque, è quella di Francis e Katrina, giovane coppia di sposi in attesa del loro primogenito. Il dramma, appunto, ha inizio quando la donna viene scippata sotto gli occhi del marito impotente, il quale, non riuscendo a perdonare sé stesso e ad accettare la propria debolezza, finirà per dare la caccia al borseggiatore, tentando di ricattarlo. In seguito alla lite tra i due, però, il ladro precipiterà da un dirupo e Francis si convincerà di averlo ucciso. Solo qualche mese più tardi, del tutto inaspettatamente, una misteriosa presenza inizierà a minare la tranquillità della coppia.
Come già affermato, l’idea di base da cui prende il via la vicenda è indubbiamente accattivante. I principali problemi, tuttavia, derivano paradossalmente proprio dallo script. Già dal momento in cui vediamo un – a suo modo – combattivo Francis andare alla ricerca del misterioso borseggiatore, non di rado scappa qualche involontaria risata nell’udire le ridicole richieste dell’uomo. Il peggio, però, arriva man mano che la vicenda va avanti: dialoghi assurdi tra il protagonista ed il malvivente, misteriose escursioni nei boschi durante le quali Francis fa la conoscenza di un burbero boscaiolo dal ruolo non ben definito all’interno del lungometraggio stesso e la presenza di una specie di “bufalo imbufalito” (perdonate il gioco di parole) dagli occhi rossi di fuoco (anch’esso che pare trovarsi solo per puro caso sul set di Firstborn) sono solo alcune delle numerose trovate che fanno scadere questo lavoro di Karapetian inevitabilmente nel ridicolo. Il culmine, però, viene raggiunto nel momento in cui un come non mai imbestialito Francis va per l’ultima volta alla ricerca del giovane ladro – che ha appena aggredito per una seconda volta la moglie – e, una volta raggiuntolo, altro non fa che chiedergli di riavere l’orologio che gli era stato sottratto mesi prima.
Peccato, dunque, che un autore come Aik Karapetian abbia deluso a tal punto le aspettative, questa volta. Eppure, volendo analizzare Firstborn dal punto di vista prettamente registico, l’autore ha più volte avuto modo di dimostrare il proprio talento. Basti pensare anche soltanto al momento in cui vediamo Katrina rivelare al marito di essere incinta: l’immagine della donna che esce dallo studio del medico e va ad abbracciare Francis, il quale si limita a sorridere è un ottimo esempio di cinema che non ha bisogno di troppe parole per raccontare la vita.
Indubbiamente, dunque, il cineasta avrà modo di riscattarsi, in futuro. E, chissà, magari avremo modo di vedere i suoi nuovi lavori proprio in occasione delle prossime edizioni del Torino Film Festival, dove l’autore sembra essere ormai di casa.
Marina Pavido