Una storia pirotecnica
Nella sua prima edizione il Castiglione del Cinema Film Festival ha ospitato opere provenienti dalle diverse latitudini, alcune delle quali in anteprima italiana. Tra queste c’era anche Fireworks (Shamareekh) di Amr Salama, presentata nel concorso lungometraggi della kermesse umbra.
La pellicola di produzione egiziana, scritta e diretta dal regista saudita, ci porta al seguito di Raouf, il figlio illegittimo dello spietato trafficante d’armi Salim Ahel. L’uomo agisce nell’ombra facendo il lavoro sporco del padre e sperando un giorno di essere riconosciuto come membro della famiglia. Gli omicidi sono la sua specialità. Tuttavia, perde la sua determinazione quando gli viene chiesto di uccidere Amina, figlia di una delle sue precedenti vittime, ma invece di eliminarla decide di aiutare la donna a sfuggire alle grinfie dello spietato fratellastro per poi compiere la sua vendetta.
È sufficiente la lettura della sinossi e lo scorrere della parte iniziale della timeline per capire a cosa si va incontro nel momento in cui ci si avventura nella visione di un film le cui fondamenta drammaturgiche e narrative si reggono e si sviluppano su e intorno al mix di mistery e azione. Salama porta dunque sullo schermo un plot che si aggrappa con le unghie e i denti agli stilemi dei generi chiamati in causa per consegnare allo spettatore un contenuto audiovisivo di puro intrattenimento. Con gli ingredienti base, l’autore cucina la più classica delle ricette action-thriller dando soprattutto spazio al primo e appoggiandosi al secondo per imbastire la bozza di una trama che serve per giustificare una durata che, sfiorando le due ore, va ben oltre le reali esigenze del racconto. C’è dunque l’ennesimo gioco di potere che finisce con l’incastrare il malcapitato di turno in un fuoco tanto amico quanto incrociato dal quale dovrà prima di difendersi per poi passare al contrattacco. Sul versante narrativo Fireworks quindi porta sullo schermo sviluppi e intrecci comuni e ricorrenti nei suddetti filoni, con personaggi come quello del protagonista interpretato con il giusto piglio e la fisicità richiesta dal divo locale Asser Yassin, che sono plasmati a immagine e somiglianza di modelli pre-esistenti. Non a caso l’identikit e le caratteristiche dei personaggi principali, alla pari delle spalle e degli antagonisti, fanno parte di una library alla quale chiunque decida di confrontarsi con i suddetti generi deve giocoforza chi più chi meno attingere.
Una volta preso atto delle regole d’ingaggio da adottare nella fruizione di questo tipo di prodotto e abbassate le pretese nei suoi riguardi, Fireworks può essere approcciato nella maniera corretta. Di conseguenza il film va preso e fruito per quello che è, ossia un’operazione che offre scariche di adrenalina mediante una successione di scene d’azione facenti parte del campionario, a cominciare dai combattimenti corpo a corpo uno contro tutti che strizzano l’occhio a John Wick come nel caso nella fuga dal covo con tanto di attacchi dei cani, per finire in maniera pirotecnica nel senso letterale del temine con un epilogo nella fabbrica di palloncini che lascerà sicuramente il segno. Ciò reso possibile dal contributo di Daniel Choi, un coordinatore degli stunt coreano-americano (i cui crediti includono l’acclamato Parasite e la serie originale Netflix Kingdom), al quale queste e altre sequenze dinamiche sono state affidate. E il risultato si vede.
Francesco Del Grosso