Sola in mezzo alla gente
Ha una lunga e altalenante carriera come attrice alle spalle consumata sui set di numerose pellicole e serie tv. Una carriera iniziata nel 1989 con L’attimo fuggente dove vestiva i panni di Gloria, anche se Italia è ricordata soprattutto per il suo ruolo della figlia nevrotica in Magnolia e per la scena di sesso nel film Ritorno a Cold Mountain. Da qualche anno a questa parte e con tanta esperienza alle spalle, Melora Walters ha voluto confrontarsi anche con la regia, ma entrambe le prove sin qui portate a termine sulla lunga distanza non hanno dato i frutti desiderati. Dopo il traballante esordio con Waterlily Jaguar, infatti, il secondo tentativo non ha mostrato alcun segno di miglioramento, al contrario ha sancito un ulteriore passo indietro.
Drowning, così come il precedente, è affetto da una cronica incapacità di tenere insieme le componenti chiamate in causa e di gestirle quanto basta per dare una scorrevolezza narrativa e una consistenza alla sua drammaturgia. Limiti che qui si fanno ancora più evidenti, decretando il crollo di gran parte dell’architettura che sorregge lo script e di riflesso la sua messa in quadro. Ne viene fuori una timeline che arranca e che fa fatica a trovare un vero baricentro. Di conseguenza l’attenzione si sposta sul tema chiave e su come questo viene affrontato. Ma pure qui il fuoco viene meno e le digressioni creano una dispersione che provoca a sua volta una graduale perdita di interesse da parte dello spettatore, che non può fare altro che assistere passivamente e in maniera distaccata al percorso di autodistruzione e depressione della protagonista.
Presentato nella Selezione Ufficiale della 14esima edizione della Festa del Cinema di Roma, il film ci scaraventa nell’esistenza di una donna costretta a scontrarsi con la sofferenza quando, nonostante il suo sgomento e i suoi ammonimenti contrari, il suo giovane figlio decide di arruolarsi nell’esercito per andare a combattere in Iraq. Si tratta del peggior incubo per una madre, reso ancora più terribile dal fatto che il ragazzo viene successivamente inviato di stanza a Mosul per la battaglia decisiva. Letta così potrebbe sembrare una storia di impotenza, quella comune a tutte quelle famiglie che devono fare i conti con il terrore di perdere dei cari a causa della guerra. Quello di Rose è dunque il destino di tante madri che vedono partire il proprio figlio alla volta della prima linea. Se poi la donna in questione si porta dietro un carico di sensi di colpa e non è ancora riuscita a rompere il cordone ombelicale che la lega a lui, allora la situazione si fa ancora più complicata. E se fosse stato così, allora il risultato avrebbe avuto una sua identità, un cuore e un punto di vista. Suo malgrado tutto questo viene meno a causa dell’incapacità dell’autrice di imboccare una strada ben precisa, quando invece ne percorre più di una e contemporaneamente senza giungere mai a un traguardo.
La Walters dipinge un ritratto di un personaggio borderline, sempre al confine tra il desiderio di amare e di essere amata, proprio come il personaggio della Buy ne I giorni dell’abbandono. Ma il magma incandescente di fragilità, insicurezze, debolezze, paure, tristezze e ossessioni la fanno piombare in una gigantesca vasca dove – come recita il titolo della pellicola – rischia e prova ad affogare. Per colmare il vuoto che la attanaglia le prova tutte, dai gruppi d’ascolto on line alle comunità religiose, dalle confidenze con l’amica a quelle con le sconosciute, sino all’analisi, ma altro non sono che palliativi che anestetizzano il dolore dell’anima. Il tallone d’Achille di Drowning sta nell’avere messo in quadro una tragedia umana che lascia assolutamente impassibile lo spettatore, che non riesce nemmeno nei momenti che dovrebbero essere emotivamente più coinvolgenti (vedi i confronti verbali tra Rose e il compagno Frank che portano alla dura separazione) a empatizzare con la protagonista. In tal senso, nemmeno l’interpretazione della stessa Walters nei panni della protagonista che, seppur efficace, non basta a risollevare le sorti dell’opera, così come quelle di bravissimi comprimari come Gil Bellows (Frank) e Mira Sorvino (l’amica Mary) che si mettono al servizio dei rispettivi personaggi ma senza spostare gli equilibri.
Francesco Del Grosso