Ricetta mortale
Correva il 2013 quando sugli scaffali delle librerie faceva la sua comparsa Diario di spezie di Massimo Donati. Nello stesso anno in cui veniva pubblicato da Mondadori, il romanzo dello scrittore, sceneggiatore e drammaturgo milanese finiva nella rosa dei titoli scelti per contendersi l’ambito Premio Scerbanenco, il prestigioso riconoscimento dedicato alla migliore letteratura gialla made in Italy instituito in onore del celebre scrittore di origini ucraine nel corso del Noir in Festival. Purtroppo per l’autore la sua opera non entrò nella cinquina finalista, con il premio che per la cronaca andò a L’ipotesi del male del collega Donato Carrisi. All’epoca la kermesse si svolgeva in quel di Cormayeur, mentre ora ha trovato casa da qualche anno a Milano, città che ospita anche la 31esima edizione, nella cui line-up figura tra gli altri proprio la trasposizione cinematografica di quelle pagine firmata dallo stesso Donati. Di acqua dunque ne è passata sotto i ponti, con il romanzo che nel frattempo è diventato un film che segna il suo esordio nel lungometraggio dopo una prima esperienza dietro la macchina da presa con il documentario Fuoriscena, co-diretto con Alessandro Leone. Un film che, in attesa dell’uscita nelle sale nel 2022, proverà a salire sul gradino più alto del podio nel concorso del festival meneghino, inseguendo la vittoria del Black Panther Award.
Ma facciamo un passo indietro per coloro che con la matrice letteraria non hanno avuto precedenti contatti. Quella, alla pari del suo adattamento, risponde alla medesima domanda, alla quale prima il romanzo e ora il film provano a dare una risposta: quale oscuro legame unisce Luca Treves, cuoco famoso, esperto di spezie, e Andreas Dürren Fischer, celebre restauratore di quadri fiamminghi? Luca e Andreas, che sullo schermo sono interpretati rispettivamente da Lorenzo Richelmy e Fabrizio Ferracane, appartengono a due mondi diversi, l’arte e la cucina, e hanno caratteri opposti. E tuttavia, quando conosce Andreas, Luca pensa sia arrivato finalmente il momento per dare una svolta alla propria carriera. L’invito del restauratore a seguirlo in un breve giro di incontri professionali in Germania gli offrirebbe, infatti, l’occasione di trovare nuovi clienti e abbandonare il ristorante di provincia che gli garantisce una vita tranquilla, ma che lo costringe anche a sacrificare le sue ambizioni professionali. Luca dunque accetta la proposta, ma non sospetta che dietro l’affabilità del restauratore si nascondano segreti inconfessabili. Sarà trascinato in un gorgo che minaccia di distruggere ogni sua certezza obbligandolo a compiere scelte atroci. Unico appiglio per mantenere la lucidità, il diario dove da anni annota osservazioni sulle spezie e sulla preparazione delle ricette. Ma c’è un uomo che li segue: un ispettore di nome Philippe Garrant (Fabrizio Rongione) “a caccia di fantasmi”, in lotta da anni con un complicato caso internazionale e che, per uno strano gioco d’incastri, sarà forse l’unica persona in grado di salvare Luca…
Il tutto partecipa a raccontare il campo di battaglia sul quale si fronteggiano tre umanità in lotta per la sopravvivenza e l’altrui sopraffazione. Il terzetto viene gradualmente risucchiato in un vortice che conduce diritti all’abisso, nel quale emergerà il lato oscuro anche dei più insospettabili. Un lato oscuro che li porterà a fare i conti con se stessi e con il male che li circonda. Efficaci in tal senso le performance dei tre attori chiamati in causa, in particolare un Ferracane sempre ad altissimi livelli che firma con le corde vocali e il corpo un’interpretazione dall’intensità crescente, vestendo i panni di una figura mefistofelica che rivela strada facendo.
Il risultato è un thriller dalle tinte noir e crime che offre nei venti minuti finali il meglio del suo repertorio. Per questo bisognerà attendere il giro di boa dell’ora, laddove l’autore concentra tutto il carico di tensione accumulato destinato a implodere in prossimità dello showdown. Diario di spezie è un bomba a orologeria la cui detonazione avviene dopo un lungo periodo di latenza. L’epilogo mette in fila uno dopo l’altro una serie di colpi di scena che entrano a gamba tesa sullo spettatore. Prima la narrazione arranca più del dovuto per disseminare sulla timeline indizi, dettagli e sospetti, cosa che al contrario non avviene nelle pagine del romanzo, nelle quali l’ingranaggio del meccanismo mistery non conosce soste o passaggi a vuoto.
Francesco Del Grosso