Un giapponese a Manila
La giuria della selezione opere prime (composta da Kim Yutani, Sakoda Shinji e la star giapponese Megumi) ha assegnato il Gelso Bianco per la Migliore Opera Prima della 27ma edizione del Far East Film Festival alla coproduzione filippino/giapponese/malese Diamonds in the Sand della filippina Victoria Janus, delicato e profondo racconto di due mondi a confronto con un originale cambio di prospettive.
Il giapponese Yoji, un impiegato solitario, alla morte dell’anziana madre, unico affetto rimastogli in patria, si trasferisce – per un periodo indeterminato – a Manila, in visita a Minerva, la badante filippina della defunta madre. L’incontro con una differente realtà ed uno stile di vita agli antipodi sarà per lui al contempo una grande prova ed una rinascita. Se oggi è normale vedere molti filippini arrivare in Giappone alla ricerca di una nuova vita, attirati dalla qualità della vita e dalle possibilità lavorative, estremamente raro è il contrario; la Janus racconta una storia in questo senso sorprendente, mostrando un giapponese che sceglie di trasferirsi dal suo paese ricco, ordinato e sviluppato ad uno povero, caotico e sottosviluppato, nonostante le iniziali difficoltà a capirne l’essenza e ad integrarsi. È la stessa Minerva a porre l’accento sulla diversità tra i due paesi, tipicamente definiti di Primo e terzo Mondo (definizione emersa nel 1955 alla conferenza di Bandung, per descrivere politicamente i paesi non allineati né al capitalismo del Primo Mondo né al socialismo del Secondo, ma che ha poi assunto il senso più ampio di paesi in via di sviluppo): “Sei proprio fortunato, puoi andar via quando vuoi perchè hai un passaporto giapponese”; eppure Yoji, in principio sconcertato dalle luci, dal rumore continuo e dall’affabilità dei filippini, imparerà ad apprezzare il senso di comunità, di calore, di amicizia, che in Giappone non aveva mai provato. Nel tourbillon della vivacità delle strade di Manila, il freddo e compassato Yoji riscoprirà il senso del contatto umano e la profondità di un legame autentico.
A discapito delle diversità, la Janus sottolinea il forte legame tra i due Paesi: per i filippini, il Giappone è una delle mete più ambite anche dal punto di vista lavorativo e la stessa Minerva, badante presso una casa di riposo, ha un ex marito giapponese ed una figlia che sogna di studiare e lavorare in quello che considera la sua seconda madrepatria. Attualmente, più di trecentomila filippini lavorano in Giappone, impiegati principalmente nei settori alberghiero, manifatturiero e dei servizi commerciali; la richiesta è così elevata che il governo giapponese si è visto costretto ad invitare i richiedenti a presentare domanda con due mesi di anticipo. Eppure, nel suo Diamonds in the Sand, la Janus accenna appena lo scorcio nipponico, precipuamente per dare un senso alla scelta non usuale di Yoji; si sofferma invece sui colori, sui rumori, sull’esuberanza, sulla vitalità di Manila, sottolineando con delicatezza l’importanza dei sentimenti genuini e delle relazioni – di amicizia o di amore – sincere e profonde.
Diamonds in the Sand, oltre all’originalità del soggetto, alla profondità della narrazione ed all’intensità degli interpreti, ha come punto di forza una fotografia intensa e vivace, che mette a confronto i colori freddi, morbidi e malinconici di Tokyo con quelli caldi e brillanti di Manila, ben dipingendo l’atmosfera quasi ovattata dell’una e quella vitale e briosa dell’altra; la Janus è abile nel mettere in risalto pregi e difetti di entrambe le realtà senza formulare giudizi, mostrando piuttosto l’anima di due Paesi così lontani eppure così vicini.
Michela Aloisi









