Home AltroCinema Cortometraggi e video Daisy Bullet

Daisy Bullet

73
0
VOTO: 7,5

Pallottole e margherite

Moltissime opere a carattere bellico che abbiamo visto nel corso dei decenni sono ambientate durante la Seconda Guerra Mondiale, cosa piuttosto normale e fisiologica data la portata del conflitto e le cicatrici che tale evento ha lasciato nella memoria collettiva. Di conseguenza la Settima Arte nelle sue diverse espressioni e formati ha attinto singoli episodi e raccontato vicende legate a figure più o meno note che nel bene o nel male ne hanno fatto parte. Il war movie in tal senso ha preso in prestito grandi e piccoli capitoli di quel drammatico momento storico rievocando fatti realmente accaduti, oppure ispirandosi liberamente ad essi per portare sullo schermo film, serie e anche cortometraggi. Tra quelli di più recente produzione battenti bandiera tricolore a muoversi sulla breve distanza c’è lo short diretto da Simone Russo dal titolo Daisy Bullet, presentato in concorso al Castiglione del Cinema Film Festival 2024, laddove il pubblico ha potuto vederlo e apprezzarne le indubbie qualità.
Il regista palermitano prende in consegna la sceneggiatura scritta a quattro mani da Charlotte Fenton e Simon Jefferson per riavvolgere le lancette dell’orologio sino all’Italia del 1944. Dopo una battaglia contro i tedeschi a Montecassino, un fuciliere inglese si risveglia tra i corpi dei suoi compagni caduti. Con una squadra di ricognizione tedesca nelle vicinanze, inizia la sua lotta per la sopravvivenza che da spettatore lo farà diventerà inevitabilmente uno dei protagonisti della guerra che si sta consumando sotto i suoi occhi.
Daisy Bullet si fa carico di quel ventaglio di emozioni cangianti che ruotano intorno alla distruzione e alla morte che ogni conflitto si trascina dietro per poi riversare il tutto sullo schermo. Il dramma bellico che ne scaturisce se ne fa portatore, consegnando allo spettatore di turno un’opera che non può non essere una nuova, dura e cruda riflessione sugli orrori della guerra. Riflessione che si traduce in immagini che scaraventano i personaggi di turno nelle trincee per rendere quegli orrori tangibili, facendo strisciare la macchina da presa tra i cadaveri smembrati senza nome dei quali si arriva persino a sentire la puzza di decomposizione. Il cortometraggio di Russo è un pugno ben assestato alla bocca dello stomaco, di quelli che ti tolgono il fiato. La tensione fortissima che lo accompagna dal primo all’ultimo fotogramma a disposizione amplifica tutto, con la messa in scena (da segnalare il lavoro sui costumi e le scenografie di Leone Frisa) assolutamente realistica e molto curata nella confezione che fa il resto. Scene come quella estenuante e tesissima dell’esecuzione o dell’epilogo lasciano un segno tangibile in tal senso del rispettivo scorrere davanti agli occhi del fruitore. Il tutto reso possibile dal contributo immersivo di una cinepresa partecipe che respira all’unisono e al fianco del protagonista (un bravissimo e intenso Costantino Seghi) per tutto il tempo, dell’efficacissimo montaggio, della pregevole fotografia e dell’ottimo sound design.
L’autore riesce nei pochi minuti a disposizione e praticamente senza il supporto dei dialoghi, come era stato a suo tempo per il potentissimo Rosso fango di Paolo Ameli, a raccontare con una storia di spietata sopravvivenza che vede soldati tramutarsi in bestie feroci pur di raggiungerla. Nel mezzo fugaci segnali di umanità e lampi di poesia nei quali alle pallottole si prova a rispondere con delle margherite.

Francesco Del Grosso

Articolo precedenteChuck Chuck Baby
Articolo successivoNational Anthem

Lascia un commento

Please enter your comment!
Please enter your name here

tredici − dodici =