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Cattivi vicini

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VOTO: 6.5

I mostri oggi

Prima di affermare senza ombra di dubbio la regressività conservatrice della commedia statunitense contemporanea – quella, per intenderci, griffata Judd Apatow: tutto il resto, ciclostilati di Adam Sandler in primis, “è noia”, canterebbe il compianto Califano – forse converrebbe dare un’occhiata a questo Cattivi vicini, firmato in cabina di regia da Nicholas Stoller, forse il più promettente tra i registi usciti appunto dalla scuderia apatowiana.
Tralasciando il versante squisitamente comico, capace di attestarsi sul livelli di divertimento medi con qualche picco verso l’alto, forse risulta più interessante approfondire Cattivi vicini da un punto di vista “sociologico”. Stoller e i suoi due sceneggiatori Anfrew J. Cohen e Brendan O’Brien giocano in apparenza a carte dichiaratamente scoperte, mettendo a confronto/scontro due tra i modelli esemplari della società a stelle e strisce. Da una parte la giovane famiglia borghese fresca di prole, anagraficamente orientata verso la metà dei trent’anni che ha appena coronato il sogno di una casetta nel lindo e tranquillo quartiere dove nulla (di male) accade. Dall’altra una confraternita di universitari che mira a consumare i giorni mancanti alla fatidica laurea – e presunto accesso all’età adulta – all’insegna dell’edonismo più sfrenato. L’esperimento cinematografico di Cattivi vicini sembrerebbe per intero racchiuso nella domanda sul “cosa accadrebbe se i due gruppi venissero a contatto”? La risposta però – come del resto accadeva nell’ultimo film interpretato da John Belushi, il venerando I vicini di casa (1981) di John G. Avildsen in tutta evidenza preso come punto di riferimento dal film di Stoller – non è così scontata. Perché il conflitto tra le parti, nato ovviamente per una difesa del cosiddetto status quo della parte borghese, rivela con coerenza una confusione di ruoli nonché un sadismo di fondo discretamente sorprendente, che finirà con il premiare, dopo diverse peripezie e ribaltamenti di fronte, la squadra maggiormente smaliziata e disposta a scendere a qualsiasi compromesso per portare a casa il risultato. In modo quindi da lasciare più di qualche punto interrogativo ben aperto su un epilogo che sembra riportare il tutto alla statica posizione di partenza ma che in realtà cambia le carte in tavola in modo pressoché definitivo, svelando in maniera cristallina l’identità dei “nuovi mostri” che si agitano, in perfetto incognito, nel sottobosco della società americana.
Nicholas Stoller prosegue dunque il suo discorso di approfondimento sul rapporto tra pseudo-normalità e vita fuori dagli schemi, mescolando ad arte i ruoli. Una tematica probabilmente sviluppata con maggior brillantezza narrativa in Non mi scaricare (2008) e In viaggio con una rock star (2010) ma che pure in Cattivi vicini rivela una visione sulle cose anarchica e per nulla omologata. Alla quale danno pieno sostegno le prove degli attori: se il prorompente Seth Rogen e la radiosa Rose Byrne sono la coppia disposta a difendere con i denti (e altro ancora…) l’agognato traguardo della loro esistenza per l’appunto medio-borghese, è all’idolo delle teen-ager Zac Efron che spetta il ruolo della mina vagante, quella destinata a far esplodere le contraddizioni di un “american way of life” difeso, rinnegato e infine strenuamente riconquistato a caro prezzo. Ed anche il buon Efron, giocando con la propria immagine pregressa, fa la sua parte, purtroppo inevitabilmente annacquata – al pari di ogni altro personaggio del film – da un doppiaggio italiano che ridimensiona a lite condominale i fantasiosi improperi linguistici che le varie parti in causa si scambiano in crescendo rossiniano. Fortunatamente, attraverso le nuove tecnologie, non sarà impossibile ascoltare in versione originale Zac Efron che imita, nel look e verbalmente, il leggendario Robert De Niro/Travis Bickle di Taxi Driver. Non l’unica sequenza godibile di una (finta) commedia in grado di usare la volgarità come grimaldello per scardinare molte convenzioni sociali ormai da tempo date per scontate, portandone alla luce il classico lato oscuro. Esattamente ciò che non riesce alla commedia italiana di oggi.

Daniele De Angelis

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