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BMM – Being My Mom

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VOTO: 7

Rincorrersi

In una torrida giornata d’estate, in una Roma deserta, una madre e una figlia camminano senza sosta, trascinando una grande valigia. Si cercano, si sfuggono, sembrano ribaltare continuamente i propri ruoli naturali. Finché, in un solo gesto, si disvela davanti a loro l’epifania inaspettata di quell’amore. Si tratta del gesto che arriva negli ultimi fotogrammi, quello che darà un senso al tutto e ribalterà la prospettiva di BMM – Being My Mom, il cortometraggio con cui Jasmine Trinca si è cimentata per la prima volta dietro al macchina da presa, presentato in anteprima mondiale nella sezione Orizzonti della 77esima Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia.
L’esordio alla regia dell’attrice capitolina è uno “specchio” nel quale riflette se stessa, mostrando al contempo la figlia che è stata e la madre che è diventata. Un cortocircuito spazio-temporale per raccontare una storia di legami biologici che passa attraverso le strade luminose e oscure della maternità e di ogni figliolanza. Un viaggio fisico e al contempo metaforico, che si consuma nell’arco di una lunga passeggiata tra vicoli, strade, giardini e monumenti di una città vuota, afosa e silenziosa. Qui si muovono le due protagoniste, interpretate sullo schermo con grande affiatamento da Alba Rohrwacher e Maayane Conti, in un rincorrersi continuo fatto di allontanamenti e riavvicinamenti. Ed è in questo “valzer” di corpi ed emozioni che il fruitore potrà trovare e leggere i messaggi che l’autrice ha scritto tra i fotogrammi della timeline, che tassello dopo tassello restituirà la totalità tematica e drammaturgica di un “mosaico audiovisivo”. Bisogna dunque scorgere tra le righe i significati e i significanti di un’opera, altrimenti la visione e ciò della quale si fa portatrice restano elementi distanti e fini a se stessi.
BMM – Being My Mom fa della scarnificazione tendente all’essenziale, sia nella narrazione che nella sua messa in quadro, il biglietto da visita di un racconto che ha il retrogusto di un certo cinema francese d’autore, alla quale la Trinca, sull’onda di incursioni da interprete, ha consciamente e inconsciamente fatto riferimento. Se da una parte troviamo una scrittura minimalista che narra attraverso gesti, sguardi, cenni, passi e non detti, dall’altra la trasposizione è caratterizzata da un rigore formale che si traduce in successione di quadri fissiche mirano alla composizione pittorica. Effetto, questo, sottolineato dall’uso del 4:3 che immortala le due figure nelle diverse ambientazioni come fossero soggetti di istantanee di vita vissuta catturare e restituite sullo schermo.

Francesco Del Grosso

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