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Being the Ricardos

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VOTO: 8

Sette giorni, una vita

Si potrebbe definire Being the Ricardos come una scommessa sicura, di quelle già vinte prima ancora di essere effettuate. Aaron Sorkin, per l’occasione al suo terzo lungometraggio da regista, che riflette sul mondo a cui appartiene, quello dello show-business, approfondendo l’inscindibile legame tra spettacolo di finzione e vita vissuta. Tutto corretto, se non ci fosse anche altro. Molto altro. Un team creativo, un uomo di talento e, soprattutto, una personalità femminile di quelle destinate a lasciare il segno non solamente nel fintamente dorato macrocosmo di Hollywood e dintorni.
Being the Ricardos non deroga di un millimetro dal consueto modus operandi sorkianiano, apprezzato in ogni frangente delle sue innumerevoli sceneggiature o in serie televisive di successo tipo The Newsroom. Raccontare cioè dal di dentro l’ambiente di riferimento per far emergere con studiata gradualità le caratteristiche dei personaggi principali. I quali, nel caso di Being the Ricardos, sono Desi Arnaz (Javier Bardem) e Lucille Ball (Nicole Kidman). Una coppia di artisti nel mondo dello spettacolo ed anche in ambito sentimentale. Siamo negli anni cinquanta e tutto cambia alla velocità della luce. La radio cede il proscenio alla televisione come medium preferito delle famiglie americane. Una sorta di rivoluzione copernicana che investe, positivamente, sia Desi Arnaz, musicista di talento, che Lucille Ball, sino a quel momento attrice cinematografica di seconda fascia. Nasce così uno show televisivo dal successo epocale, Lucy ed io (I Love Lucy), nel quale i due mettono in scena, con irresistibile comicità, un originale ménage di coppia.
Una “vertigine” tra finzione e realtà che deve aver letteralmente folgorato un Aaron Sorkin come sempre eccellente nel descrivere, attraverso significativi dialoghi e situazioni di difficoltà, il processo evolutivo dei personaggi. Stavolta però il regista Sorkin si dimostra perfettamente all’altezza del Sorkin sceneggiatore. Concentrando la storia in soli sette giorni, sia pure arricchiti da flashback temporali estremamente chiarificatori, Sorkin confeziona con ricchezza di linguaggio un’opera cinematografica a tutto tondo, in cui a risaltare è la perfetta personificazione di Lucille Ball da parte di Nicole Kidman. Una donna troppo in anticipo sui tempi, capace di meravigliosi sprazzi di ironia nonché assolutamente non intenzionata ad arrendersi di fronte alle dure regole di stampo sessista vigenti nel mondo dello spettacolo e nella società in genere. E, forse anche per questo motivo, finita nel tritacarne del maccartismo con l’infamante accusa di simpatizzare per la vituperata ideologica comunista dell’epoca.
Superfluo, a questo punto, sottolineare l’abilità di Sorkin nell’evitare le trappole del film a tesi politicamente schierato. Being the Ricardos (il titolo deriva appunto dal cognome usato dai due nello show) è un’opera che mette al centro del discorso il tema universale del senso etico, ponendo continuamente dubbi su quali scelte debbano essere considerate giuste o sbagliate. In gioco non c’è solamente il concetto assoluto di giustizia, come accaduto nel precedente Il processo ai Chicago 7 (2020); bensì il principio della libertà di scelta individuale – da sempre nucleo centrale in tutti i lavori di Sorkin – osteggiato da forze opposte e contrarie. Non a caso la battaglia intrapresa da Lucille Ball comincia molto prima dell’accusa di comunismo, quando l’attrice si trova nella condizione di dover far sentire la sua voce anche in altri contesti, differenti da quello recitativo. Nella visione di Sorkin Lucille Ball, al pari della Molly Bloom di Molly’s Game (2017), diviene una sorta di mina vagante rispetto allo status quo imperante. Dapprima spalleggiata dal marito poi, dopo il “tradimento” dell’uomo nel finale, costretta a proseguire la propria lotta in totale solitudine. E Nicole Kidman, in una delle sue migliori prove attoriali dell’intera carriera, rende al meglio la tridimensionalità di una donna sicura delle proprie convinzioni ma anche umana nelle debolezze represse in un mondo che non perdona i momenti di cedimento. Facile prevedere riconoscimenti in arrivo, con l’approssimarsi della stagione dei premi. Anche per un lungometraggio che, nonostante il marchio produttivo di Amazon (il film è disponibile su Prime Video per la visione) di televisivo non ha assolutamente nulla, dichiarando anzi pollice verso nei confronti di un ambiente che, molto probabilmente, non è tuttora troppo lontano da quello ritratto magistralmente in Being the Ricardos.

Daniele De Angelis

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