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Ares

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VOTO: 8.5

Sai come ha fatto un paese tanto piccolo a diventare tanto potente?

Bella domanda. Come riuscì un piccolo paese come l’Olanda, diviso e per lungo tempo soggetto al potere altrui, a diventare, a partire dal XVII secolo, una delle maggiori potenze coloniali e commerciali del mondo? Difficilmente la risposta riuscirebbe edificante e può essere sintetizzata con: “vendette l’anima al diavolo”. Lo affermano chiaramente gli autori di Ares, prima serie Netflix di produzione olandese. Lo schema di base non è particolarmente innovativo: giovane brillante ma di estrazione modesta e poche possibilità viene cooptata in un ambiente elitario che pare aprirle tutte le porte, ma la cosa nasconde un lato oscuro. A fare la differenza è il modo in cui tutto viene sviluppato.
L’intera serie, opera di Pieter Kuijpers, Iris Otten e Sander van Meurs, si configura come una allegoria storica e politica dell’Olanda. Questo piccolo paese costruì la propria fortuna durante quello che ancora oggi gli olandesi definiscono il proprio “secolo d’oro” sul commercio triangolare tra Europa, Africa e Americhe. Parte fondamentale di quel commercio fu la tratta degli schiavi dall’Africa. Si giunge così al vero centro della serie, il cuore di tenebra dell’Olanda: lo schiavismo.
Con brillante spirito capitalista la nazione capì come sfruttare i nuovi traffici per crescere ed arricchirsi. Tuttavia non siamo davanti ad un’elegia. Gli autori non lodano l’intraprendenza e lo spirito della nazione e della giovane protagonista. Il tono parte da una critica sarcastica per arrivare ad una condanna ferma ed inequivocabile con punte di malcelato disprezzo. Ciò distingue la serie olandese dagli altri prodotti del Nord Europa, dove si affronta la critica al capitalismo in una costruttiva e civile maniera social-democratica. Questo è un attacco frontale. l’habitus non propriamente nordico della serie può anche essere dato dalla posizione dell’Olanda, al crocicchio tra mondo scandinavo, germanico e anglosassone, offrendogli così un respiro più internazionale. Di certo lo rende specificatamente olandese nonché erede di un discorso simile svolto secoli prima da uno dei più grandi artisti d’Olanda, Rembrandt.
Citato all’inizio della serie con uno dei suoi quadri più famosi, “La ronda di notte”, Rembrandt aveva già da par suo opposto una critica nei confronti del paese e della sua aristocrazia commerciale.
Percorso di critica e di allontanamento dai presupposti valori della giovane nazione iniziato proprio con “La ronda di notte” e terminato molti anni più tardi con “La congiura di Guido Civile”.
Il grande artista, che per decenni aveva osservato e dipinto i nobili di Amsterdam più di tutti aveva scorto e preso coscienza del loro cuore di tenebra e, un po’ per moto interiore un po’ per rivalsa contro il loro abbandono che lo aveva rovinato, decise di dipingerlo per mostrarlo a tutti loro: “Bravi, nobili cavalieri del calvinismo, fortunati per volere di Dio, eccola la verità, non vi piace? È un problema vostro”. Con le dovute differenze la serie Ares fa esattamente lo stesso.

Luca Bovio

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