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Anomalisa

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VOTO: 7.5

Charlie Kaufman e la “stop motion” sentimentale

Charlie Kaufman è conosciuto soprattutto per le sue sceneggiature, tra le quali troviamo quelle de Il ladro di Orchidee (1999) ed  Essere John Malkovich (2002) diretti da Spike Jonze, e Se mi lasci ti cancello (2004) di Michel Gondry. Il suo sorprendente esordio alla regia risale al 2008, anno d’uscita di Synecdoche, New York nelle sale americane, mentre in Italia il film verrà distribuito solo nel 2014, in concomitanza con la morte di Philip Seymour Hoffman, che nel film ci regala forse la sua migliore interpretazione in carriera.
Non è difficile identificare il tema più ricorrente nei lavori di Charlie Kaufman, ed è quello dell’identità, che gli permette di toccare la questione della memoria (ché cosa ne sarebbe dell’identità senza il suo collante?), del doppio, dell’autenticità relazionale: tutti argomenti che nel monumentale Synecdoche, New York ricevono l’esposizione più completa e dettagliata.
Sono sempre appartenenti a questi ambiti le preoccupazioni che innervano Anomalisa, primo lungometraggio in stop motion creato assieme a Duke Johnson, e che racconta di Michael Stone (la voce è di David Thewlis), autore di testi motivazionali che si reca a Cincinnati per una conferenza. Durante il breve soggiorno nel suo albergo farà la conoscenza della sua lettrice e ammiratrice Lisa (Jennifer Jason Leigh), dolce e impacciata, unica “anomalia” in un oceano di volti e voci letteralmente identici.
Anomalisa, presentato in concorso durante questa 72esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, è un’opera complessa e delicata, che, pur non occultando la sua natura artificiale (i volti dei personaggi presentano una sorta di solco all’altezza della fronte), intende descrivere una situazione abituale ed insegnare qualcosa di autentico. Le battute che si scambiano i personaggi, tutte piuttosto brevi ed inconsistenti, sono un’imitazione in chiave umoristica dei dialoghi che scandiscono le nostre giornate più o meno uguali, e contraddistinti da un’autoreferenzialità che ci impedisce di aprirci davvero al volto dell’altro: è per questo che le voci delle persone incontrate da Michael si limitano ad essere un’eco della sua, ed anche i loro volti finiscono per sfumare in un’insormontabile uniformità. Solo quell’imprevedibile fenomeno che è l’innamoramento parrebbe in grado di scongiurare l’egoità definitiva e di restituire all’altro/a un timbro unico e personale come quello di Lisa, che alle orecchie di Michael suona celestiale proprio perché, prima di quel momento, non aveva mai fatto esperienza di nient’altro oltre che di se stesso.
Ma quest’amore sbocciato nelle ultime ore del giorno possiede forza sufficiente a sopportare la luce del mattino? Il coinvolgimento e l’entusiasmo di Michael dovranno infatti affrontare la verità, e cioè che anche l’amata Lisa non è esente dai difetti e dalle imperfezioni che senza eccezione costituiscono la razza umana: e solo se sarà in grado di accettare le sue manchevolezze, facenti parte di un tutto che rimane comunque armonioso, l’amore di Michael potrà dirsi definitivamente comprovato. Solo perché è un film d’animazione non significa che in Anomalisa Kaufman non possa dar voce al pessimismo e al cinico disincanto al quale ci ha abituato, e che penetrano la scena conclusiva lasciando nello spettatore un’impressione di isolamento e di inquietudine.
Forte di uno stile di scrittura acuto e dotato di mordente, Anomalisa è si conferma un’operazione complessivamente riuscita, caratterizzata da una giusta dose di provocazione che forse avrebbe potuto dar vita ad un finale più dirompente. Resta comunque uno dei film in concorso più interessanti ed originali di quest’edizione della Mostra del Cinema di Venezia.

Ginevra Ghini

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