Il cammino della redenzione
Sono trascorsi poco meno di sei mesi da quando Sur les chemins noirs è stato invitato ad inaugurare la 71esima edizione del Trento Film Festival. Quella alla prestigiosa kermesse è stata per il film di Denis Imbert la prima volta su uno schermo italiano, laddove tornerà a mostrare le sue immagini e a raccontare la sua storia a partire dal 19 ottobre 2023, data scelta da Wanted Cinema che ne ha acquisito i diritti per la distribuzione nelle sale nostrane con il titolo A passo d’uomo.
Con l’uscita nelle sale nostrane anche lo spettatore cinematografico e non più solo il lettore del libro dal quale il film del regista francese è la trasposizione potrà così conoscere la storia realmente accaduta del protagonista. La pellicola, la terza per il cineasta nativo di Limoges, è liberamente tratta dall’omonimo romanzo autobiografico divenuto best seller dello scrittore francese con la passione per le esperienze estreme e i viaggi in solitaria Sylvain Tesson, a sua volta già al centro del pluridecorato documentario La panthère des neiges. L’autore delle pagine trasferisce la sua esperienza personale in quella di Pierre, un famoso esploratore e scrittore che viaggia spesso intorno al mondo in cerca di avventure. Una sera si arrampica ubriaco sulla facciata di un albergo, e cade rovinosamente dai piani superiori. L’incidente lo manda in coma profondo. Al suo risveglio, in grado appena di reggersi sulle gambe e contro il parere di tutti, decide di attraversare la Francia a piedi, dal Mercantour al Cotentin, lungo sentieri minori e poco frequentati coprendo una distanza di circa 1.300 km.
Ed è questo percorso, tra paesaggi incontaminati, natura selvaggia, fugaci incontri, silenzio e pace, che prende forma e sostanza un road movie a passo d’uomo che si trasforma strada facendo in un cammino di purificazione e redenzione. Zaino in spalla con all’interno un lavoro necessario di immedesimazione e interiorizzazione, è il Premio Oscar Jean Dujardin a vestire i panni e le sembianze del protagonista, dando a Pierre lo spessore, l’umanità e la verità dei quali il personaggio aveva assolutamente bisogno per toccare le corde emozionali del fruitore di turno. Quest’ultimo si trova al cospetto di un film che si muove narrativamente e drammaturgicamente tra il biopic, l’epistolare e il diario di viaggio con la mente che torna inevitabilmente a Paolo Cognetti. Sogni di Grande Nord e in primis a Into the Wild. Lo fa con un racconto pacato e mai frenetico, che distribuisce flussi e picchi emozionali lungo una timeline cronologicamente non lineare, che ricostruisce e rievoca il vissuto di Pierre, compreso il tragico incidente, con salti temporali nel passato che si innestano nel presente del viaggio. Così facendo Imbert stratifica la narrazione e la rende più coinvolgente, anche se qua e là si registrano passaggi di eccessiva stasi e riflessione che fanno girare a vuoto il motore e appesantiscono la fruizione. La ripetizione ciclica di alcune situazioni, come ad esempio alcuni degli incontri che vedono il protagonista proseguire il cammino con compagni di viaggio momentanei, accumulano minuti ma non aggiungono più di tanto alla causa. Per fortuna che Dujardin non molla mai la presa, dando forza e intensità a getto continuo al suo personaggio e di conseguenza anche all’opera del quale è protagonista assoluto anche quando l’ensemble presenta dei cali e delle flessioni.
Francesco Del Grosso