No time for reading
Nel corso della serata conclusiva il 39° Fantafestival ha reso omaggio a Mariano Baino, grande amico del festival e regista di culto cui si deve ad esempio il memorabile Dark Waters. Anzi, per essere più precisi, l’omaggio ha riguardato sia lui che una musa d’eccezione, Coralina Cataldi Tassoni, attrice amatissima dai cultori del cinema di genere (notevoli le sue apparizioni in film di Dario Argento, Lamberto Bava e Pupi Avati) che con Baino ha portato avanti diversi lavori, in questi anni.
Dalla loro sinergia artistica era nato ad esempio Lady M 5.1, corto proiettato non molto tempo fa nell’ormai defunto cinema Trevi. I due al Fantafestival hanno portato invece un nuovo cortometraggio, A Moving Read, frutto dell’analoga propensione per scenari distopici, sperimentazioni riguardanti il linguaggio visivo, incubi futuristici realizzati a basso costo.
La stella polare cui guarda il loro lavoro è, almeno in parte, Fahrenheit 451 : il romanzo di fantascienza scritto da Ray Bradbury e la successiva pellicola di Truffaut prospettavano un futuro senza libri, un mondo dove fosse proibito leggerli e possederli. Nella variazione sul tema, visivamente così stuzzicante (e con un montaggio come sempre studiato ad arte), che ci ha ora proposto Mariano Baino, il compito di distruggerli non è più affidato a un corpo di vigili del fuoco rimaneggiato, bensì a implacabili sentinelle robotiche che volteggiano in aria, alla costante ricerca dei trasgressori. Un pressoché inevitabile aggiornamento high tech, che un suo fascino ce lo ha già. Ma in A Moving Read il vero punto di forza è il discorso sulle emozioni, soppresse assieme alla lettura, al punto che l’eroina ribelle impersonata quasi ieraticamente da Coralina Cataldi Tassoni (fortemente iconiche le sue peregrinazioni con cagnolino, anch’esso ovviamente finto, al seguito) oltre a battersi per i libri tenterà di sfuggire, tramite sforzi non trascurabili, a una comunicazione ridotta ormai ai soli “emoticon” autorizzati.
La sua straniante recitazione è senz’altro tra gli elementi più affascinanti del corto, che in certi momenti dà l’impressione di ripetersi un po’, ma che non cessa mai di stuzzicare la curiosità dello spettatore, grazie anche ai diversi formati e alle altre invenzioni iconografiche cui si appoggia sapientemente Mariano Baino, durante la narrazione.
Stefano Coccia