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Get Together Girls

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VOTO: 7,5

Volere è Potere

La fascinazione che esercita sullo spettatore Get Together Girls – documentario diretto con sensibilità fuori dal comune dalla collaboratrice storica di CineClandestino Vanessa Crocini e prodotto nientemeno che da Vasco Rossi – al tirar delle somme sta tutta nella sua piacevole contraddizione di fondo. Perché dimostra in modo ineluttabile come il cinema fedele alla verità possa far emergere – e così raccontare al mondo – non solo realtà spiacevoli o situazioni in grado di destare allarme, ma anche meravigliose utopie realizzate per merito della semplice forza di volontà di una o più persone. Fatti che non fanno cronaca (nera, prevalentemente) nel senso letterale del termine ma che invece possono spingere le persone all’azione, al fine di migliorare in maniera esponenziale la propria e, soprattutto, la altrui esistenza.
La storia – verrebbe da definirla favola, se non fosse splendidamente autentica – di Get Together Girls comincia nel 2002, quando la milanese Grazia Orsolato, donna realizzata con un ottimo lavoro di manager alla Pirelli su cui contare, si reca in Kenya per insopprimibile curiosità di conoscere altre realtà lontane e svolgere eventualmente qualche attività utile. Subito viene inevitabilmente colpita dal baratro che separa la gente benestante (poca) da quella povera (troppa), in un paese africano dove povertà significa essere esposti purtroppo ad ogni tipo di pericolo possibile, in particolare se si nasce di sesso femminile. Venendo a contatto con Anita’s Home, luogo che offre rifugio ed educazione a ragazze senza mezzi, Grazia ha l’idea di insegnare ad un gruppo di esse un mestiere in loco abbastanza particolare, aprendo un laboratorio di sartoria che avrà sviluppi a dir poco sorprendenti, anche per merito del supporto della sua amica e stilista Roberta Vincenzi. Ma il documentario diretto da Vanessa Crocini non si limita semplicemente ad informare lo spettatore sull’evoluzione di tali fatti; anzi diviene un mezzo per raccontare a fondo la condizione femminile in un paese ancora ben lontano dall’avvicinare un barlume di parità sessuale. Attraverso i minuziosi ritratti della giovani protagoniste, la giovane regista riesce a rendere la telecamera una sorta di amica alla quale le ragazze raccontano senza edulcorazioni un passato di disavventure e paura, ma anche finalmente la speranza concreta di un futuro da vivere per se stesse e le proprie famiglie. Un traguardo quest’ultimo raggiunto anche con la forza della disperazione che sopravviene quando ci si rende conto che la chance di cambiamento è unica e non si ripresenterà, convincendoti anche a superare quella rassegnazione ad un’esistenza troppo simile ad una semplice sopravvivenza che può attanagliare senza scampo una ragazza con la sfortuna di nascere in un posto “sbagliato” dove spesso sei costretta a fingerti maschio per non incappare in pericoli fatali. Per questo ed altri motivi Get Together Girls può essere definito un documentario pienamente riuscito anche sotto l’aspetto squisitamente sociologico ed umanistico: perché riesce anche a rappresentare efficacemente una realtà composita e sfaccettata come quella keniota, sullo sfondo delle sei ragazze – Mary, Hellen, Esther, Monicah, Irene e Teresia – delle quali chi guarda il film viene a conoscenza delle rispettive storie in modo così spontaneo e sincero da avere l’impressione di aver trovato, pur non conoscendole di persona, un interlocutrice quasi “familiare”. Donne finalmente emancipate con alle spalle un bagaglio di sofferenze in grado, ora, di essere utilizzato come arricchimento e non come zavorra penalizzante in modo definitivo delle loro vite.
E come ogni bel documentario che sceglie la strada dell’essenzialità formale per farne virtù, Get Together Girls meriterebbe una visione anche e soprattutto per conoscere e riconoscere i meriti di persone come Grazia Orsolato, che armate di semplice spirito d’iniziativa sono riuscite, con ammirevole tenacia, ad ottenere l’obiettivo più ambito: quello cioè di mostrare una possibilità di vita differente laddove tutto congiurerebbe all’ipotesi di un destino contrario. Una opportunità che, come ovviamente sempre dovrebbe essere, sta poi al singolo individuo saper cogliere.

Daniele De Angelis

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