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When We Were Sisters

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VOTO: 7,5

Crescere nonostante tutti e tutto

La seconda volta dopo quella nel concorso di Alice nella Città alla 19esima Festa del Cinema di Roma su uno schermo italiano, perlopiù prestigioso come quello del Cinema Massimo di Torino, ha portato tantissima fortuna e un importante riconoscimento al nuovo film da regista di Lisa Brühlmann.
A When We Were Sisters è andato infatti il Premio “Generazione Futura” per il miglior lungometraggio internazionale sul tema dell’universo giovanile della 25esima edizione del Sottodiciotto Film Festival & Campus, laddove abbiamo potuto apprezzare le qualità soprattutto interpretative di una pellicola che nelle performance attoriali e nel flusso di emozioni cangianti che queste sono state capaci di veicolare ha il proprio cuore pulsante. Del resto, non poteva essere altrimenti visto la presenza davanti e dietro la macchina da presa di un’artista che sulla recitazione ha costruito le fondamenta di una discreta carriera in ambito cinematografico e televisivo, che ha poi iniziato ad andare di pari passo con la regia di film ed episodi di prodotti seriali come Servant e Killing Eve. Ecco allora che l’attenzione e l’efficacia della e nella direzione ha permesso a quel cuore di battere e palpitare all’unisono con quello del cast, nel quale spicca, oltre alla stessa regista che si è ritagliata per sé il difficile ruolo di una mamma con problemi di tossicodipendenza, la prova della giovanissima Paula Rappaport, calatasi con grandissima partecipazione e intensità nei panni della turbolenta quindicenne svizzera Valeska. È l’estate del 1996 quando la ragazza va a trascorrere le vacanze in un resort greco vista mare in quel di Creta con sua madre Monica, il nuovo compagno della madre Jacques e sua figlia Lena. Inizialmente Le due adolescenti non vanno molto d’accordo, ma con il passare dei giorni si avvicinano diventando grandi amiche, come sorelle. Ma quando il rapporto tra Monica e Jacques inizia ad essere turbolento, il sogno di Valeska di poter avere finalmente una famiglia normale svanisce costringendola a mettere in discussione il suo rapporto con la madre.
La stagione balneare si sa essere terreno fertile per raccontare uno o più capitoli di un romanzo di formazione in cui si disegnano le traiettorie di percorsi di crescita, nuovi approdi e rivelazioni inattese. E non a caso proprio per questa natura effimera è stata scelta dalla Brühlmann, che con il filone si era già confrontata in chiave fanta-horror con l’interessante esordio dal titolo Blue My Mind, facendo dell’estate la cornice temporale di una vicenda che riavvolge le lancette sino agli anni Novanta per dare al contesto una veste amarcord nostalgica vintage e per sottolineare quanto certe relazioni tossiche in ambito familiare non sono per nulla cambiate. Al resto ci pensa l’universalità delle tematiche affrontate in un filone che pone al centro l’emancipazione e la guarigione, la scoperta dell’altro la necessità della cura, la scommessa della fiducia, il bisogno del dialogo, la sorellanza, la ricerca d’identità e il confronto generazionale. When We Were Sisters ha nel bagaglio drammaturgico e narrativo tutto il necessario per approfondire le suddette argomentazioni e trasformarle in messa in quadro in materia viva per riflettere anche su un tema assai scivoloso come la resilienza adolescenziale a fronte dell’egoistica immaturità e dell’incapacità educativa di certi genitori. Questo per dire che in fin dei conti i veri adulti sono i più giovani e il confronto verbale nel bosco tra madre e figlia che chiude le ostilità è la dimostrazione tangibile. La Brühlmann prova a ribadirlo, ma senza scivolare nella retorica, con un coming-of-age classico, ma al contempo non convenzionale, che sa anche essere pure lirico e commovente quando mostra i passi compiuti dalle due adolescenti per avvicinarsi, comprendersi, avvicinarsi e poi legarsi affettivamente.

Francesco Del Grosso

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