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Blue My Mind – Il segreto dei miei anni

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VOTO: 6.5

Giochi pericolosi

La pellicola d’esordio di Lisa Brühlmann racconta di Mia, una quindicenne appena trasferitasi con la sua famiglia alle porte di Zurigo. Mentre la ragazza si lancia in una selvaggia adolescenza cercando di fronteggiarla, il suo corpo comincia a cambiare in modo radicale. Nella disperazione cerca di anestetizzarsi con sesso e droghe, ma nonostante i tentativi di arrestare il processo è presto costretta ad accettare il fatto che la natura è molto più potente di lei. La trasformazione prosegue inesorabile, facendo diventare Mia quell’essere che per anni si è assopito dentro di lei… e che ora sta prendendo il sopravvento.
Quando il teen-movie con tutti gli stilemi e le tematiche al seguito incontra il fanta-horror, il risultato è un film dal DNA drammaturgico geneticamente modificato come Blue My Mind, nelle sale nostrane dal 13 giugno con Wanted Cinema dopo la presentazione ad “Alice nella Città” alla 12esima edizione della Festa del Cinema di Roma, dove ha ricevuto il premio Camera D’oro Alice/Taodue.
Di fatto siamo al cospetto del classico romanzo di formazione intimo, doloroso e trasgressivo (ritornano alla mente Havoc e Melissa P.), che si tinge di surreale per affrontare in chiave fantasy la crescita, l’emancipazione e la trasformazione di un’adolescente. Mix, questo, che non tanto tempo fa aveva alimentato un’operazione più o meno simile dal titolo The Lure, della giovane artista visuale polacca Agnieszka Smoczyńska, con la quale si contano non poche analogie in termini di scrittura. Abbastanza da minare l’originalità di un plot che mescola senza soluzione di continuità dinamiche già esplorate innumerevoli volte sul grande schermo, ma sulle quali evidentemente molti autori, Brühlmann compresa, sembrano avere ancora qualcosa da dire e da mostrare. Fortunatamente, Blue My Mind di parole da spendere e di cose di mostrare ne aveva, con in più tutte le emozioni vivide, contrastati e mutevoli delle quali la storia, la sua evoluzione e il personaggio che la anima, si sono fatte carico e portatrici. Queste non mancano e mettono lo spettatore di turno davanti a un ventaglio che coinvolge e a tratti stordisce, senza necessariamente disturbare lo sguardo con scene raccapriccianti in stile body-horror.
Il suddetto bagaglio, insieme alla performance davvero convincente di Luna Wedler nei panni di Mia (tempo qualche anno e ne risentiremo parlare), permette alla pellicola di mantenersi saldamente a galla sulla soglia della sufficienza.

Francesco Del Grosso

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